Cannes, Matt Dillon è Brando nel movie su ‘Ultimo tango’: “Marlon è il mio mito, ma oggi mi identifico con Maria Schneider”

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CANNES – “Marlon è stato il mio mito nella vita, ma io oggi mi identifico in Maria”. A Matt Dillon è toccato l’onore e l’onere di interpretare il suo idolo Brando, lo fa nel movie di Jessica Palud, Maria, presentato a Cannes, incentrato sulla versione della Schneider (affidata alla cugina Vanessa libro Tu t’appelais pas Maria Schneider): sul movie Ultimo tango a Parigi, sulla controversa scena del burro (che non period in sceneggiatura), sul trauma subito sul set e poi sullo scandalo, sul processo a lei, Bertolucci e Brando, sull’esposizione pubblica che hanno amplificato le fragilità, la sua ricerca di tempo nella droga, i ricoveri, la carriera spenta. Maria Schneider è morta nel 2011, a 58 anni. Incontriamo Dillon sulla terrazza del Marriott:

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Perché ha scelto di fare questo movie?

“Mi piacciono le sfide grandi e questa è la più grande responsabilità. Brando non è solo una persona, ma il più grande attore del ventesimo secolo. Non potevo resistere. Ma il copione mi ha sorpreso, non sapevo cosa fosse successo. Io ho iniziato a lavorare da giovane, a 14 anni ero sul set di Over the sting, non avevo mai girato prima. Il regista, Jonathan Kaplan, mi chiamava “Marlon”, perché io volevo fare cose reali, volevo rompere le finestre e spaccare le scrivanie per davvero. Brando, James Dean e Montgomery Clift sono i miei mentori, hanno trasformato la recitazione, ma anche il modo in cui si guardava agli uomini americani. Brando non period Bogart, Cagney, Wayne, period un uomo forte ma vulnerabile, dolce”.

‘Ultimo tango a Parigi’, in sala la versione restaurata – trailer

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La prima volta che ha visto Ultimo Tango a Parigi?

“Avevo diciassette anni, ha catturato la mia immaginazione, è uno dei miei movie preferiti. Bertolucci uno dei grandi maestri. E trovavo perfetta la chimica di Maria e Marlon, lei mi pareva bravissima, anche quando l’ho vista poi in Professione Reporter. Ma non sapevo cosa fosse successo, perché fosse sparita, mi avevano detto che aveva avuto problemi, period stata sfortunata. E invece è successo che quel movie le ha regalato un trauma, che lo scandalo ha oscurato la sua bravura. Ho visto il movie tante volte e la scena del burro non mi è mai piaciuta, e mi sembrava che non fosse necessaria al movie. E non sapevo e non avrei mai pensato che non fosse stata scritta. Sapevo che il movie period stato considerato scandaloso e provocatorio, ma non del processo, e del trauma e del dolore provocato a Maria e tutto quello che period successo dopo. Lei period così giovane, ed period già fragile per la difficile situazione familiare, la madre che la taglia dalla sua vita, il padre che non l’aveva vista per anni. Nel movie Maria durante quella scena lei piange disperata, e alla positive Brando le fa i complimenti: ‘hai recitato così bene’ le cube e lei risponde ‘ma io non stavo recitando, erano lacrime vere’. Non penso che Brando e Bertolucci fossero sadici, quei tempi erano diversi, e tu puoi cercare l’effetto spontaneo, ma di certo non puoi farlo in una scena come quella del burro. È stato un grandissimo errore e un peccato. Non credo nella censura, ma penso che alcuni registi vadano molto oltre. Non credo che artisticamente vadano fermati, ma eticamente questo comportamento è stato profondamente sbagliato. Non è stato uno stupro, ma una violazione. Per Brando e Bertolucci period recitazione, ma lei si è sentita violata, così giovane, e non aveva gli strumenti per difendersi”.

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(afp)

Sapere quel che è successo ha cambiato la percezione del movie oggi?

“A dispetto di quella scena, mi piaceva l’intimità della connessione tra queste due persone, l’atmosfera, anche l’aura romantica e decadente. Quando ho visto Maria qui a Cannes, mi sono commosso profondamente, period un movie che andava fatto, manca la sua versione, quella di Maria, che period la più innocente di tutti. E questo movie le dà una voce. Non so cosa avrebbe detto. Posso dire che period una grande attrice”.

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Da sinistra la regista di “Maria” Jessica Palud, Matt Dillon e Anamaria Vartolomei (agf)

Cosa pensa della cancel tradition?

“Mi hanno chiesto se sono femminista, io posso rispondere solo che penso che tutti siamo uguali e non ho mai deciso in base al genere e non accetto le etichette che oggi mettono su tutto. Decenni fa eravamo riusciti a cancellarle, sono tornate più di prima. Non accetto la cancel tradition, l’arte va giudicata per quello che è, non posso dire che sento una cosa in modo diverso perché l’artista è nero, donna, cinese. Dopo Ultimo tango a Maria offrivano solo ruoli in cui fosse nuda.Il motivo per cui Maria mi ha toccato è che io ho iniziato giovanissimo e sono sensibile allo sfruttamento, alla oggettificazione, ho sperimentato la mancanza di rispetto verso le persone, uomini e donne, per le donne è stato più difficile certo. E alcune cose mi sono capitate, non a livello estremo come è successo a lei. Ma so che significa essere giovane e vederti incompreso, sminuito, etichettato rubacuori, non essere preso sul serio. Ma non voglio dire di più. Dico solo che sono orgoglioso di questo movie”.

Brando è andato in posti oscuri per creare alcuni dei suoi personaggi. A lei è successo?
“Poiché sono un attore, si, personalizzo tanto, pesco nei ricordi, nelle mie emozioni. Ma non mi sono mai lontanamente avvicinato al personaggio brutale di La casa di Jack con Von Trier, su quel set parlavo con Bruno Ganz che ha fatto Hitler, e non ci trovato nessuna connessione. A volte ci sono movie per cui rischi. L’ho fatto per uno piccolo che period Factotum. E l’ho fatto per Brando: a un certo punto ho pensato di non venire a Cannes a vedere il movie, non sapevo se sarei stato all’altezza. E invece ne sono fiero”.

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