Sorpresa, sono tornati I Cani di Niccolò Contessa. A modo loro (e con i Baustelle)

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La copertina è nera, completamente nera. Come quella che Prince scelse per il fantomatico Black album: nessuna immagine, nessun indizio sulla sua origine, arrivò nei negozi a sorpresa nel 1987. Ma poi si sparse la voce che dietro quel vinile anonimo si nascondesse il genio di Minneapolis e allora fece ritirare le copie. O forse, vuole la leggenda, Prince scoprì la fede e quei brani rabbiosi e lascivi all’improvviso non rispecchiavano più la sua indole.

Anche stavolta la copertina è nera, completamente nera. In fondo non è neanche una copertina. Ma guardando bene al centro, sull’etichetta del disco, si riesce a leggere qualcosa: “i cani baustelle”. I Cani? Proprio quei Cani lì? Il progetto di Niccolò Contessa che ormai 13 anni fa avviò una piccola rivoluzione nella musica popolare italiana: finalmente scopriva che il mondo indipendente poteva ambire al grande pubblico e che sì, un ricambio generazionale period possibile. Una rivoluzione che ha portato negli anni ai successi di Calcutta, Tommaso Paradiso, ma anche Cosmo e Coez. Period il giugno del 2010 quando su YouTube arrivò rigorosamente anonimo un brano intitolato I pariolini di 18 anni che un clic alla volta si fece largo nell’web ancora agli albori dei social community e diventò un inno generazionale.

Sì, sono proprio I Cani di Niccolò Contessa, che all’anonimato rinunciò quasi subito e prese a mostrarsi con il suo volto, inizialmente nascosto da buste di carta. Dei Cani avevamo quasi perso le tracce, ma continuano advert essere invocati ciclicamente nella speranza di un ritorno sulle scene. Il vinile arrivato nei negozi di dischi oggi, mercoledì 6 dicembre, con questa confezione scarna è la prima uscita su disco dei Cani dal 2016, anno del terzo album Aurora, che si chiudeva con le parole: “Pure a sparire ci si deve abituare”.

Contessa un po’ alla volta è sparito, ritirandosi dalle scene per concentrarsi sulla produzione artistica di altri artisti – Coez, appunto, Tutti Fenomeni, Giovanni Truppi, Laila Al Habash – e sulle colonne sonore: sono sue le musiche di entrambe le regie di Pietro Castellitto, sia “I predatori” che “Enea” (in sala dall’11 gennaio: coprotagonista quello stesso Tutti Fenomeni, vero nome Giorgio Quarzo Guarascio). Per il resto, solo qualche segnale sporadico lanciato in rete: negli ultimi due anni erano comparsi a sorpresa due brani, “Un altro Dio”, lucida invettiva contro le storture della società moderna interpretata con voce trasfigurata, e “Fiore”, delicata filastrocca elettronica (“sono stufo di stare con una nuvola nera in testa, ecco cosa devo fare, ecco cosa basta fare, andare prima a dormire, guardare meno il cellulare e poi raccogliere un fiore”). E anche una surreale ospitata nel già surreale di suo “Una pezza di Lundini”, il programma di Rai 2 in cui Contessa ha cantato un nuovo inedito: “Guarda che bello, togli il cappello, passa l’artista, quello tanto bravo, sempre impegnato, sempre a sinistra, isso è cantante, è commediante, è musicista, è pure attore, è opinionista, femminista alla televisione”. Un brano inedito, sì, ma non “un inedito dei Cani”, sottolineò Valerio Lundini. Questo insomma è il modus operandi di Contessa da tempo: spiazzare, comparire dove nessuno pensa di trovarlo, negarsi dove si pensa che sia il suo posto ovvio, su un palco, nelle playlist.

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Questo vinile – in tiratura limitata in 1000 copie – realizzato insieme ai Baustelle segue un po’ quella direzione sfuggente. Si tratta di due brani ma forse sono quattro. Due tracce, una per facciata: ma ogni traccia contiene praticamente due brani, stesse armonie, uno cantato da Francesco Bianconi dei Baustelle e uno da Contessa, l’uno che diventa l’altro. I titoli anche sono doppi: “Nabucconodosor – Essere vivo” è il titolo della prima traccia; “Canzone d’autore – L’ultimo animale” il titolo della seconda. Si sentono distintamente i due progetti ma si sente anche la natura ibrida, l’amore comune per Franco Battiato, i Baustelle che diventano I Cani e I Cani che diventano i Baustelle.

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In “Nabucconodosor – Essere vivo” inizia a cantare Bianconi su una musica elettropop. Poi al minuto 1 e 45 entra la voce di Contessa su atmosfere più rarefatte: “Ma poi che gusto c’è a vivere, senza mai farsi del male”. Infine torna Bianconi a criticare “i cantanti micidiali della tua generazione”. È una collaborazione inedita per modalità: due realtà musicali che si compenetrano, non è un duetto con le strofe distribuite secondo i criteri soliti, qui c’è un brano che diventa un altro brano che diventa una sintesi dei brani.

Sull’altra facciata Bianconi intona: “Tu che ti ostini a chiamarle canzoni d’autore”. E poi “quante rogne gestisce un sindaco trapezista” (parlerà mica di Flavio Tosi, ex primo cittadino di Verona, immortalato in passato ospite di un circo?) e “prostituzione palestra quanta volgarità”. Con l’arrivo di Contessa il tono si fa esistenziale: “Lo sai com’è vivere come un essere umano, intrappolato tra il bene e il male”. Conclude il concetto Bianconi: “Con la vergogna da portare, la coscienza, la morale, il peccato originale, l’unico animale. L’ultimo animale”. Effective.

E ora? I Baustelle partono advert aprile per un nuovo tour per presentare l’ultimo album “Elvis”. I Cani di Contessa chissà. Di questi brani per ora non c’è traccia su Spotify. Non hanno ritornelli mordi e fuggi, per cercare frasi da trasformare in meme meglio guardare altrove. Sono poco instagrammabili, poco segmentabili per TikTok. Le piattaforme streaming nel frattempo continueranno a digerire e sputare tutto in pochi giorni, forse in poche ore. Sembrerà antistorico come metodo questo che prevede che ci si rechi in un negozio di dischi e si acquisti un vinile da mettere pazientemente sul piatto, ma rimane il migliore per dedicare alla musica l’attenzione che merita. Non sempre la merita, in questo caso sì.

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