Nel settembre del 2001 lavoravo come curatore del dipartimento cinematografico del Heart for Jewish Historical past, e per la riunione del comitato scientifico fissata per il martedì 11 avevo preparato la proposta di una retrospettiva dedicata a George Gershwin, artista che amo e di cui mi hanno sempre affascinato anche molti elementi sul piano umano: il suo rapporto con i genitori, estremamente religiosi, che volevano che diventasse rabbino, quello con il fratello Ira, geniale autore di testi, saggio e pacato quanto lui period passionale e vulcanico; con la musica classica, con il quale aveva una relazione di amore e odio; con la propria tradizione, ambivalente al punto che pensò di ripristinare il vero cognome Gershowitz; con il suo corpo, che…