Il lunedì del cinema: La vita è una danza, un movie ottimista che celebra la passione. E insegna a rialzarsi

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Lunedì 27 maggio continua l’iniziativa Il lunedì del cinema a cura di Repubblica e MYmovies per il cinema di qualità in streaming. Una sala cinematografica virtuale pronta advert accogliere gli iscritti di MYmovies con una selezione ricercata di titoli da vedere (o rivedere) rigorosamente insieme dalle 20:00 a mezzanotte. Grandi storie di vita e racconti d’attualità, per chi ama l’intrattenimento, il grande spettacolo e il confronto dopo la visione.

Per il quinto appuntamento di lunedì 27 maggio, Repubblica con Bim Distribuzione presentano La vita è una danza (prenota un posto free of charge), il movie del regista de L’appartamento spagnolo Cédric Klapisch, un’opera che ha incantato 1,5 milioni di spettatori in Francia. Con Marion Barbeau, prima ballerina dell’Opéra di Parigi.

Comincia come il più classico dei drammi sulla danza, con un incidente che minaccia di porre high quality alla carriera della ballerina classica Elise, La vita è una danza (originalmente: En corps), ma in fondo l’incidente è anche un pretesto per raccontare, attraverso i corpi, ciò che avviene nella nostra mente, in quei passaggi della vita che sembrano accidentali, appunto, ma si rivelano momenti di svolta. Bisogna cadere per potersi rialzare: è questo quello che il movie di Klapisch mette letteralmente in scena, servendosi ancora una volta di una generazione, quella dei giovani tra i venti e i trent’anni, che si trova anagraficamente al crocevia su diversi fronti (professionali, sentimentali), e di una protagonista – la ballerina Marion Barbeau – che sostiene la finzione con un reale lavoro del corpo, incarnando il passaggio del suo personaggio dalla dimensione aerea e stilizzata della danza classica e quella più tribale e interpretativa della danza contemporanea.

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Elise scopre, infatti, che quando un percorso giunge al termine, è solo cambiando strada che si può proseguire: l’alternativa è l’apatia, il rimpianto, l’autocommiserazione. Dal punto di vista prettamente filmico, invece, l’alternativa è il melodramma (anche nella versione più vicina al thriller psicologico de Il cigno nero), ma non è quello il genere che interessa a Cédric Klapisch, il quale, con una piroetta, lo tramuta nel suo opposto, confezionando un movie ottimista e motivazionale, che celebra la sua passione per la danza: un’arte che, esattamente come il cinema, è una combinazione di tempo e movimento.

La danza è dunque la vera protagonista, tanto in termini visivi che tattili, perché è quel clima di promiscuità rispettosa che la caratterizza, di esperienza insieme collettiva e individuale, che il movie mette al centro del proprio racconto, presentandola come un tesoro da (ri)scoprire.

È impossibile non pensare, allora, all’interruzione della vita sociale, sportiva e relazionale che la pandemia da Covid19 ha bruscamente introdotto nelle esistenze di tutti, con il portato di incertezza rispetto alla durata di ciò che stava avvenendo e la minaccia che potesse proseguire oltre una temporanea fase di emergenza.

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In foto Marion Barbeau (a destra), prima ballerina dell’Opéra di Parigi, in una scena del movie. 

Nel movie, girato quando le mascherine erano ancora in circolazione, Elise è parimente bloccata, ma impara a rinascere, a danzare ancora, passando da una fase necessaria in cui è simile alla crisalide, è cioè allo stadio larvale di uno sviluppo non ancora visibile, avvolta dentro un involucro protettivo (il tutore che le circonda il piede), per poi completare la trasformazione attraverso l’apprendimento di una danza differente da quella che praticava prima, che è immagine fisica della liberazione interiore dalla paura, anche della sofferenza.

Premiato dal successo di pubblico in Francia, La vita è una danza prende per mano lo spettatore promettendogli che il viaggio varrà la pena, più ancora della meta, e superando la possibile schematicità del tema (il processo di cura, da apprendere passo dopo passo, nel solco di un genere che è quello del racconto di formazione e di crescita) grazie advert un approccio stilisticamente e narrativamente libero, che mescola finzione e para-documentario, e alterna sapientemente interni ed esterni, particolare e universale.

Marion Barbeau, prima ballerina dell’Opéra di Parigi, esordisce al cinema nel ruolo non facile di Elise, tanto introversa quanto curiosa, razionale e coraggiosa, e il risultato è naturale e convincente. La sostengono, la circondano, le lasciano spazio, in una parola danzano con lei, il ballerino e coreografo israeliano Hofesh Shechter, nel ruolo di se stesso, e un piccolo ma memorabile numero di interpreti più noti, tra cui Denis Podalydès, veterano della commedia drammatica, Pio Marmaï, solido nel ruolo dello scapestrato salvato dalla sua parte più tenera e romantica, Souheila Yacoub e François Civil, che portano nel movie l’energia leggera della commedia.

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