La stratificazione di ‘Town’, Jacopo Gassmann porta in scena il disamore di un uomo e una donna

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Scelta arguta quella di Jacopo Gassmann: regista e attento lettore di drammaturgia contemporanea, ha realizzato uno spettacolo bello e teso Town, dal testo di uno dei grandi autori britannici di oggi, Martin Crimp, 68 anni, la cui carriera è segnata da una vena sottile di crudeltà, visto che è dagli anni Ottanta, dal primo Residing stays, che con la sua raggelante scrittura racconta i cortocircuiti delle piccole storie di persone qualunque. Town, è uno di questi.

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E’ un testo a diversi strati dietro la semplice storia del disamore tra un uomo e una donna: Clair, traduttrice, in odore di un innamoramento extraconiugale per uno scrittore, lei stessa con ambizioni di scrittrice convinta che la letteratura possa essere un’ancòra nel grande mare della vita; e Christopher, il marito, un bravo diavolo, inconsistente, che perde il lavoro e finisce a fare il cameriere in un quick meals. Se aggiungiamo una vicina di casa inquietante, una bambina dall’infanzia ferita, echi lontani di guerra e, non vista, la città come non luogo a cui, specie Clair, guarda però come il posto in cui stare… chiaro che siamo incastrati in una angosciosa fessura da cui guardiamo il nostro malinconico mondo.

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Foto di Luca Del Pia 

Jacopo Gassmann conferma il suo talento di regista, chiaro nella lettura dei testi e rigoroso nel controllo dell’immagine – l’asettica scena bianca di Gregorio Zurla, con più piani uno nell’altro, proprio come la vicenda narrata – nel controllo delle fragili umanità di Crimp – i bravissimi Lucrezia Guidone e Christian La Rosa, veri, sinceri e per questo ancora più inquietanti, e con loro Lea Lucioli, Olga Rossi – ma soprattutto nel controllo della gelida fluidità del linguaggio, dove le parole sono trappole ambigue, rafforzate qui dalle musiche di Zeno Gabaglio e, loopate e rimixate, di Johnny Money, Ryoji Ikeda, Alva Noto, Franz Schubert.

Ed è così che lo spettacolo, coprodotto da Stabile del Veneto, Elfo di Milano dove è in scena fino al 7, Emilia Romagna Teatro, Teatro Piemonte e Lac di Lugano, rende concreta la progressiva rivelazione di un vuoto di umanità in cui siamo già tutti caduti dentro.

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