Fabri Fibra torna con una nuova versione di ‘In Italia’: “Il rap è una fotografia che serve a sconfiggere la banalità intorno a noi”

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In Italia, sedici anni dopo. Period il 2008 quando Fabri Fibra e Gianna Nannini raccontavano in musica il Belpaese. Con quel ritornello scolpito come fosse una lapide, quel rap scuoteva le coscienze. “Nato e morto qua, nato nel paese delle mezze verità”, si parlava di stragi e di assassini mai scoperti. Il pezzo andò bene, quarto posto in classifica, tanti passaggi in radio, eppure in concerto la reazione del pubblico period fredda, Fibra aveva quasi smesso di proporlo. Poi, lo scorso settembre l’ha cantato nel suo set al Pageant di Marracash un’esplosione di cori ha convinto Fibra a riproporla aggiornandone il testo. Per farlo ha chiamato Emma nella parte che period stata di Gianna Nannini e per il rap ha voluto Child Gang, alias Zaccaria Mouhib, nato a Lecco 22 anni fa da genitori marocchini, uno dei trapper delle seconde generazioni che riempiono le classifiche. Talvolta anche le cronache italiane.

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Quali motivi l’hanno spinta a riproporre proprio ora In Italia?

“Al Marrageddon la folla è impazzita, mi sono emozionato, mi sono detto che il pezzo vive ancora e, anzi, sembra rinato, lo cantavano tutti: vuoi vedere che questa canzone, visto che nel mondo sta succedendo molto di peggio, è diventata innocente? Nel 2008 cambiò la percezione del pubblico nei miei confronti. Sicuramente perché Gianna Nannini mi aveva onorato della sua voce e della sua collaborazione. Ma anche perché aveva un testo che sottolineava degli aspetti scomodi del paese, period politicamente scorretta”.

Ha chiamato Child Gang.

“Mi interessava raccontare l’Italia di oggi, doveva esserci un rapper come Child Gang che raccontasse l’Italia multietnica che finisce nella cronaca, nel bene e nel male”.

Ha una lunga storia di carcere e comunità.

“Giudico sempre la persona nel momento in cui la incontro, senza farmi condizionare dalle notizie. Child Gang l’ho incontrato in studio e mi ha dato subito l’impressione di una persona sensibile e educata. Non mi permetto di giudicarne la vita, non è il mio ruolo, soprattutto se ci sono problemi legali. Anch’io ero borderline all’inizio, ho avuto problemi con le sostanze, la passione per la musica mi ha permesso di sopravvivere. Credo che la musica dia anche a questi ragazzi la probability per sublimare la loro condizione”.

Quali differenze nota nel vostro modo di fare rap?

“Il modo di esprimersi delle nuove generazioni rispecchia il parlare senza filtri, è il linguaggio che usano nei social, mentre la mia generazione per entrare nel circuito del mainstream, del potere della discografia e delle radio doveva filtrare, cercando di non disturbare troppo. Questi se ne fregano, dicono le cose come stanno ed è la forma di ribellione più affascinante nel panorama musicale di oggi. Quando mi è arrivata la strofa di Child Gang mi ha stupito, perché l’esposizione che gli garantiva questa collaborazione poteva spingerlo a levigarsi e invece dev’essersi detto: o così o niente, che poi è un po’ quello che gli cube l’Italia ogni giorno. Lui così gli risponde che bisogna accettare le diversità. E poi se non le dici nel rap, dove le dici queste cose?”.

Nella sua strofa Child Gang parla di fascisti e razzisti al comando.

“Non è che abbia detto cose tanto lontane dalla realtà dei dibattiti che si ascoltano in televisione, nulla di diverso dalle critiche che vengono fatte al governo dall’opposizione”.

Nella sua nuova strofa lei cube: “Scendo in strada con gli amici a festeggiare, mani in alto puoi finire come Cucchi”.

“E’ una fotografia del Paese. Ho aspettato tanto per dire quella frase, l’avevo già utilizzata in un paio di provini in cui avevo provato advert affrontare l’argomento, ma forse prendevo una strada sbagliata. Stavolta ci sono riuscito, ho usato la giusta strategia per sconfiggere la banalità e arrivare a dire delle cose forti”.

Lei ha sempre avuto grande sensibilità per i temi della cronaca nera.

“La cronaca nera è l’altra faccia della medaglia dell’Italia romantica. Il sogno della famiglia come obiettivo, dell’ama, fai i figli e sarai felice, è sopravvalutato: le più grosse tragedie e stragi accadono in famiglia. È il sogno che diventa incubo. Oggi è aumentata la pressione sociale per raggiungere il successo, il nuovo sogno americano sono diventati i social media, puoi diventare milionario seduto sul divano: sono tutte cazzate che però inquinano la mente delle persone, e poi c’è tanta pressione sessuale, corpi mostrati: quel successo e quei risultati di sessualità e bellezza sono irraggiungibili perché finti, chi non riesce a decodificare questo linguaggio fa presto a impazzire”.

Nello stesso album di In Italia c’period il brano Andiamo a Sanremo in cui lei si chiedeva chi avrebbe presentato il prossimo Pageant: Paolo Bonolis? Fazio? Fiorello? Sono gli stessi nomi che si fanno ora, e aggiungeva: “Ma perché non ci mettete una cicciona, con un cazzo di nano homosexual nero?”. Oggi una frase così forse non passerebbe.

“Ero già inclusivo, ero avanti! Lo dicevo per attirare l’attenzione e per disturbare, anche perché il rap viveva un periodo in cui si period molto ammorbidito. Volevo che fosse scorretto, per far capire che anche il rap poteva avere visibilità. Oggi che ha tutta la visibilità che non ha mai avuto, non c’è più bisogno di essere scorretti, ci troviamo esattamente dove avremmo voluto essere all’inizio degli anni Duemila. Non c’è più bisogno di osare così tanto”.

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