Sanremo e la maggioranza silenziosa che spinge Amadeus verso il trionfo

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No, Amadeus non è “democristiano”, non opera le sue scelte con il manuale Cencelli tra le mani, ma ragionando “cinicamente” e per molti versi è giusto che lo faccia, per cercare di massimizzare il risultato del suo quinto Pageant di Sanremo. E cercando (e ci è riuscito lui, non altri prima) di portare i giovani a seguire la manifestazione senza perdere il pubblico degli anziani. Come fanno i migliori allenatori di calcio – esempio di facilissima comprensione – scegliendo non i giocatori migliori in assoluto ma quelli adatti a vincere una determinata partita. E in questo caso l’obiettivo è vincere, non presentare un Pageant originale o memorabile, particolare o artistico, diverso. No: ciò che viene chiesto advert Amadeus, la partita che gli è stata chiesta di giocare, è quella che prevede un solo risultato, la vittoria assoluta, il trionfo certificato dai numeri dell’Auditel e, possibilmente, dalle classifiche di streaming e vendite delle canzoni.

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Politica? Certo. Perché far finta che Sanremo non sia un competition politico? Lo è sempre stato, fin dagli anni Sessanta quando i Giganti chiedevano di mettere fiori nei cannoni e Celentano cantava gioie e dolori dell’Autunno Caldo con Chi non lavora non fa l’amore. Ma period politico anche, come sottolineò nella maniera più drammatica possibile Luigi Tenco, nel 1967, quando le giurie del Pageant facevano arrivare in finale l’Orietta Berti di Io tu e le rose senza badare a quello che accadeva nel Paese e nel piccolo mondo della canzone.

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Il Pageant è politico, perché, soprattutto in virtù dei numeri dell’Auditel, ci racconta quello che pensa il pubblico televisivo. Che forse non rappresenterà bene l’intera popolazione italiana ma, di certo, ne offre un credibile spaccato. E il pubblico ci cube, da tempo e con chiarezza inaudita, che ama i buoni sentimenti di Doc – Nelle tue mani, la speranza contro ogni violenza e destino di Mare fuori, cerca Don Matteo e Suor Angela per farsi rassicurare, segue l’assistente sociale Mina Settembre che prova a risolvere i problemi degli altri, si appassiona alla lotta per l’amore contro il destino di Terra amara, ama Salvo Montalbano che ha le sue difficoltà ma mette in cella i cattivi e potremmo andare avanti a lungo.

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Proviamo a prendere per buono l’Auditel una volta tanto e facciamo i conti sulla serata dello scorso 25 gennaio: Doc su Rai 1 e Terra amara su Canale 5, messi insieme hanno messo davanti ai televisori più di otto milioni di persone, i programmi “politici” (Diritto e rovescio e Piazzapulita) circa un milione e ottocentomila. La distanza è già grande ma, quando arriverà tra qualche giorno il Pageant di Sanremo, diventerà abissale. E non perché Amadeus sia democristiano, ma perché metterà in scena quello che, in un modo o nell’altro, nel bene e nel male, rappresenta la maggioranza degli italiani. Il Paese reale non è fatto di nostalgici del fascismo, comunisti retrivi, odiatori da tastiera, ladri e truffatori, militanti no vax, assassini e sfruttatori, bulli, sessisti, complottisti e estremisti di ogni ordine e grado, ma di persone perbene, persone normali, tranquille, coppie e single, figli e genitori, che già vivono in famiglie allargate in ogni modo possibile, che convivono tranquillamente con gli immigrati, che non abitano nelle zone estreme del pensiero, non vivono una realtà distorta nella quale il motto “mors tua vita mea” funziona ancora. E guardano Sanremo.

Prendiamone atto, Amadeus a fare Sanremo è bravo, è passato da un’edizione 2020 che è stata la più vista dal 1999 e vinta da una grande canzone come quella di Diodato, a quella 2021 (Fratelli d’Italia all’opposizione e Beatrice Venezi co-conduttrice per una serata, tanto per dire…) vinta dal rock ultrapotente dei Maneskin, con trentaquattro concorrenti (quattro in più di quelli di quest’anno ma molti di meno dei 48, sì, quarantotto, del 1999) e la conquista del pubblico dei giovani; da quella del 2022 che supera in ascolti quella del 2020 e diventa l’edizione più vista dal 1997 con il 58% di share, con un podio occupato dai vincitori Mahmood e Blanco, Elisa e Morandi, a quella dello scorso anno, con il 63% di share, il report dal 1995, e la vittoria di Marco Mengoni.

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La musica, quella che la gente ascolta (il che non vuol dire che sia la migliore) è stata la protagonista di ogni edizione e i vincitori sono stati tutti più che giusti. Ci sono stati anni, molti, troppi in realtà, nei quali la musica di Sanremo rappresentava solo sé stessa, non period né interessante né credibile e il competition period veramente democristiano. Quest’anno l’80 per cento, se non di più, delle canzoni del Pageant sono quelle che il pubblico consumerà nei mesi a venire. C’è un venti per cento di intrattenimento televisivo? E’ giusto che ci sia, Sanremo è un programma televisivo. Non tutte le canzoni sono belle? Ma dove nel mondo esiste un competition dove vengono presentati trenta brani nuovi? Da nessuna parte. E qualcuno pensa che trenta canzoni che arrivano contemporaneamente possono essere davvero tutte belle? Quindi?

Gli scandali. Roba da giornali e politici. Qualcuno definì “pericoloso” il tatuaggio di Belen, altri plaudirono alla cacciata di Morgan che aveva ammesso di usare droga. Belen e Morgan sono ancora, felicemente, tra noi e il Paese non ha subito scossoni per colpa loro. Secondo voi davvero la maggioranza degli italiani si è scandalizzata del bacio tra Fedez e Rosa Chemical? Al massimo la gente a casa avrà sorriso, e di certo parecchi avranno riso in maniera poco politicamente corretta ma nessuno, o davvero una sparuta minoranza del pubblico, si è davvero scandalizzato e certamente nessuno ha cambiato canale.

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Il Paese, nella sua maggioranza, è decisamente più avanti di quanto pensano i politici che, invece, probabilmente non avendo altro di cui occuparsi, l’anno scorso si sono ampiamente lamentati di Rosa Chemical e Fedez. Politici di oggi, sia chiaro, perché quando nel 1984 i metalmeccanici dell’Italsider marciarono su Sanremo e conquistarono il palco di Pippo Baudo, non cadde nessun Direttore Generale e nessuno parlò di “cambiare la narrazione del Paese”. La politica è sempre stata a Sanremo perché Sanremo è politica, soprattutto quando manifesta, in perfetta sintonia con una grandissima parte degli italiani, il suo disinteresse per la politica.

Sanremo è visto e seguito da quella che un tempo avremmo chiamato la “maggioranza silenziosa”. Che sarà anche silenziosa ma è certamente maggioranza, che è sanamente centrista non perché non sia schierata dall’una o dall’altra parte del nostro sistema politico, ma perché rifiuta le posizioni inutilmente radicali. E’ l’Italia del Presidente Mattarella, che non è un Presidente “democristiano”, ma è davvero il Presidente di tutti. Voglio paragonare Amadeus a Mattarella? Me ne guardo bene, non arrivo a tanto. Ma come il Presidente sa che la silenziosa maggioranza degli italiani la pensa come lui, Amadeus sa che la maggioranza di chi guarda la televisione la pensa come lui. Tutto qui. E non è poco.

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