Geolier, Maurizio De Giovanni (e i social) all’attacco: “La lingua napoletana non merita questo strazio”

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Dallo scrittore napoletano Maurizio De Giovanni, quello de I Bastardi di Pizzofalcone e de Il Commissario Ricciardi, mettendo in mezzo anche Pino Daniele e il grande Eduardo De Filippo fino ai Neoborbonici, tante le critiche sulla grammatica del dialetto usato dal rapper Geolier. A tenere banco ormai da ore sui social c’è quella sulla scrittura del testo in napoletano della sua canzone presentata al competition I p’ me, tu p tè che ha fatto insorgere i puristi del dialetto – pardon, della lingua – partenopea per quelli che vengono additati come veri e propri errori grammaticali (tia spuglia invece di t’ha spuglià, solo per fare un esempio). Ma i fan difendono il rapper e scrivono sui social “Anche lui rappresenta Napoli”.

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Capofila della ‘rivolta’ contro un napoletano ‘straziante’, lo scrittore Maurizio De Giovanni che in un submit su Fb rivendica come il napoletano: “Non merita questo strazio. È una lingua antica e bellissima, con la quale sono stati scritti capolavori immensi. È un patrimonio comune – sottolinea l’ideatore del Commissario Ricciardi – ha un suono meraviglioso, unisce il maschile e il femminile come fa l’amore. Nessun giudizio sull’artista, il suo valore musicale o il suo successo che peraltro – precisa De Giovanni – gli auguro con tutto il cuore da conterraneo e tifoso di ogni espressione positiva del territorio. Ma il napoletano è una lingua, ha una sua scrittura e questa ha diritto al rispetto”. E, a chi gli fa notare che ogni lingua evolve e che il napoletano non può rimanere a quello dei capolavori di Salvatore di Giacomo o Eduardo De Filippo, ribatte: “Qui non si tratta di scomodare Di Giacomo, Viviani o De Filippo. Andate a vedere la scrittura dei testi di Pino Daniele. Sono tutti disponibili in rete. Guardate come sono scritti. Basta chiamare qualcuno e farsi aiutare. Un pò di umiltà”.

Ma invece proprio Salvatore Di Giacomo , poeta drammaturgo e saggista partenopeo, viene ‘scomodato’ dallo scrittore e divulgatore scientifico Angelo Forgione che in un altro submit sui social ammette di non essere riuscito a leggere il testo fino in fondo perché: “Mi è improvvisamente calata la vista e poi mi è apparso Salvatore Di Giacomo sanguinante in croce”. Forgione, precisa che: “il submit non attacca Geolier né la sua canzone (inedita) ma analizza una questione linguistica, evidenzia gli ‘errori’ come vocali sparite, totale assenza di raddoppio fonosintattico delle consonanti, segni di elisione inesistenti, o inventati dove non ci vogliono (vedi il titolo). Una lingua perfetta per il rap e non solo, ma il napoletano, non questo scempio. E chi non prova imbarazzo è complice dell’offesa dell’alta dignità dell’unico sistema linguistico locale d’Italia di respiro internazionale, proiettato sull’orizzonte artistico globale proprio attraverso la canzone. È la deturpazione dei costumi. Altro che ananas sulla pizza”.

A intervenire annunciando di aver “inviato il testo corretto in lingua napoletana alla casa discografica milanese di Geolier anche il Movimento Neoborbonico che giudica quello pubblicato “a tratti indecifrabile”. Per il movimento che si definisce “difensore della storia napoletana e meridionale”, il rapper è “un giovane che sta portando la nostra cultura in giro per il mondo e non è colpa sua se nelle scuole non si insegna il napoletano, a differenza di quanto accade in altre regioni e come da tanti anni richiedono i neoborbonici. La nostra, però, è una lingua con le sue regole e la sua grande tradizione, da Giambattista Basile (il seicentesco inventore di Cenerentola) a Di Giacomo, da Eduardo a Pino Daniele e per questo non potevamo tirarci indietro. È comunque significativo e importante – sottolineano – ritornare a cantare in lingua napoletana a Sanremo e diffondere la nostra lingua tra i giovani”.

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