L’enciclopedia Treccani definisce “Expats” “chi si stabilisce temporaneamente o definitivamente all’estero per motivi di lavoro”. Sono un popolo che lascia il proprio paese e diventa straniero altrove, solo in Italia si parla di sei milioni di persone. A loro, a tre donne “expats”, è dedicato il romanzo bestseller The Expatriates scritto da Janice Y. Okay. Lee che oggi è diventato una serie television con Nicole Kidman, appena approdata su Prime Video.
‘Expats’, Nicole Kidman a Hong Kong in una serie thriller dei sentimenti
Expats della regista cinoamericana Lulu Wang ha per protagonista Nicole Kidman nel ruolo di Margareth, moglie di un imprenditore che è advert Hong Kong per lavoro e madre di tre bambini. La tragedia entra nella sua vita quando il figlio più piccolo affidato a una giovane, americana di origine coreana appena laureata nel Queens, scompare. Le esistenze di Margareth, l’amica Hilary (Sarayu Blue) e la giovane Mercy (Ji-young Yoo), sono intrecciate sui temi del privilegio, dell’identità e della linea di demarcazione, molto sfumata, fra vittimismo e colpevolezza. Lulu Wang ha diretto The farewell – una bugia buona con protagonista la rapper Akwafina premiato ai Golden Globe e agli Spirit Award.
La serie è un thriller psicologico che affronta temi tosti come la responsabilità, le scelte di vita delle donne tra lavoro e famiglia, il senso di colpa. Qual è il cuore della storia secondo lei?
“Credo che sia la resilienza e la resilienza delle donne anche se è un tema che si può applicare a tutti i personaggi. La storia in qualche modo ci pone un quesito su come resistiamo: combattendo oppure sopportando le avversità? Inoltre la serie riguarda la nostra capacità di empatia rispetto al mondo perché i personaggi sono sfaccettati ci sono momenti in cui lo spettatori li ama o li odia… fanno errori. Alla superb ciò che conta è il nostro senso di empatia per le loro storie, e può anche accadere che non lo proviamo e va bene ugualmente. Ma queste credo siano le domande che la nostra storia fa al pubblico”.
Nicole Kidman non è solo la protagonista della serie, è anche la produttrice, è stata lei a darle carta bianca per realizzare lo present. Quale è stata la sfida maggiore per lei?
“Margareth è un ruolo molto pesante, molto impegnativo. Che l’ha coinvolta molto a livello personale, racconta del dolore di una madre e Nicole si è messa veramente nei panni di questa donna che deve affrontare una tragedia. Credo che abitare quello spazio così drammatico sia stato piuttosto duro per lei”.
Il suo movie ‘The farewell’ period una storia molto personale. In che modo anche questa serie la sente sua?
“Sono cresciuta negli Stati Uniti da immigrata cinese e quando sono andata advert Hong Kong per girare questa serie mi sono sentita un’expat americana. Lo ero per definizione. Anche se dalle persone magari non venivo percepita in questo modo, quindi Hong Kong rappresenta una sorta di intersezione tra i miei mondi. Perché io mi sento allo stesso tempo a casa e straniera nello stesso posto… in qualche modo la mia identità cambia a seconda del contesto in cui mi trovo e delle persone con cui sto. Sono un’americana quando sono circondata da americani o sono cinese se sto insieme a un gruppo di cinesi e io non mi sento pienamente né una né l’altra. Ero interessata a questa storia proprio perché sollevava tutte queste domande più che tentare di rispondere”.
Il suo lavoro si interroga sul tema del confronto, dello specchiarsi tra occidente e oriente. Che discorso può essere fatto su questo tema?
“Credo che la questione sia tutta giocata nel binomio individualismo e collettività. Tutti noi, a qualsiasi cultura apparteniamo, ci misuriamo in uno spettro per capire se siamo più o meno vicini all’concept dell’individuo o parte di un gruppo. Inoltre c’è anche un contrasto tra vecchio e nuovo mondo dove il vecchio mondo puntava di più sulla dimensione collettiva che fosse la famiglia o il gruppo sociale mentre quello nuovo punta molto sull’individuo, sulla realizzazione di sé. Io credo che siano importati entrambi gli aspetti e vorrei che il mio lavoro aiutasse la discussione con le persone che si chiedono cosa accade se si è troppo concentrati su se stessi o quando invece si è troppo massificati? La volontà individuale è molto importante per rompere lo established order ma siamo una società globalizzata oggi e dobbiamo cominciare a pensare in questo modo. Siamo tutti connessi e l’azione di una persona in un posto può avere conseguenze in tutto il mondo. Anche se nei miei movie o in questa serie mi trovo a raccontare le diversità che ci caratterizzano il mio obiettivo è in realtà far vedere che siamo tutti molto simili”.
