Willem Dafoe: “Sono cresciuto tra gli strumenti chirurgici di mio padre. E in ‘Povere creature!’ sono un nuovo Frankenstein in cerca della liberazione”

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“Perché mi chiedete ancora, ogni volta, cosa penso di Roma? Ormai questa è la mia città, io sono italiano. Basta con queste domande. Posso dire che amo essere qui, mi ritengo privilegiato”. Willem Dafoe è sempre diretto nelle risposte, e un po’ stanco di essere trattato da turista in quanto residente decennale dell’Esquilino. Qualche progresso con la lingua, tuttavia, deve ancora farlo, anche se qualche piccola frase la tenta. L’attore è tra i protagonisti del clamoroso Povere Creature, Leone d’oro a Venezia – colpo di fulmine di critici e pubblico, in sala arriva il 25 gennaio con Disney – due Golden Globe e una corsa all’Oscar sotto l’unica ombra di Oppenheimer. Nel movie di Yorgos Lanthimos interpreta uno scienziato dal volto cubista, geniale e solitario. di nome Godwin Baxter – praticamente Dio – che crea la vita sotto forma di Bella, quel meraviglioso mostro di Emma Stone, che intraprende un viaggio di rinascita ed emancipazione. È un’avventura emozionante e potrebbe essere il movie che farà guadagnare a Dafoe, che indossa pesanti protesi, la sua quinta nomination dell’Academy. La sua prima fu con Platoon di Oliver Stone, nel 1987, e dal 1980 ha girato 150 movie in mezzo secolo con tutti i registi interessanti del settore, da David Lynch a Wes Anderson, da Werner Herzog a Paul Schrader e Martin Scorsese. E anche qualche ingombrante blockbuster. Ecco il Dafoe pensiero all’incontro che si è consumato a Roma.

Willem Dafoe riceve la stella sulla Hollywood Stroll of Fame di Los Angeles

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Stella da marciapiede. Proprio qualche giorno fa l’attore ha avuto la sua stella nella Stroll of fame di Hollywood: “È stato una bellissima cerimonia, a cui sono arrivati amici e registi. Pedro Pascal, col quale avevo lavorato come attore, e Patricia Arquette, con la quale ho lavorato come regista e che hanno tenuto dei discorsi meravigliosi. Mi sono sentito parte di una comunità, cosa che non succede spesso. Da attore sei abituato a partecipare a produzioni internazionali, nazionali, grandi, a piccolo funds, non hai una comunità specifica alla quale appartieni. Il fatto di avere una stella sulla Stroll of fame è un qualcosa che viene universalmente riconosciuto. E devo dirvi che è anche difficile accettare l’thought che quella mattonella mi sopravviverà”.

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(reuters)

E io tra di voi…. Willem Dafoe racconta com’è stato condividere il set con Yorgos Lanthimos ed Emma Stone. Lanthimos è veramente un regista che ha un la capacità di creare un mondo: ne ha creato uno fantastico nel quale noi siamo entrati. Il testo è molto forte e già ti ci proietta dentro. Lui non ti dà indicazioni di regia, ti osserva, guarda quello che fai e poi apporta i necessari aggiustamenti. Sa poi a te entrarci e abitarlo e quindi realizzarlo. Per quello che riguarda Emma, Emma è fantastica, è eccezionale. Period in realtà tutto incentrato intorno a lei. Lei e Lanthimos hanno un rapporto speciale che è molto di grande, grandissima vicinanza. Ormai lei per lui è praticamente una musa e quindi è stato bellissimo vedere questo rapporto essere con lei sul set. Praticamente noi siamo eravamo sul set per dare sostegno e appoggio a lei, che non ha nessun atteggiamento da diva. È stato un set molto felice. Lanthimos invece è una persona molto riservata, parla poco e in pratica ti dà indicazioni di regia, ti dirige stuzzicando, prendendoti in giro e quindi ti spinge in questo modo a recitare”.

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(agf)

I maestri e me. L’attore racconta l’importanza di lavorare con registi del calibro di Scorsese e Co. (Lanthimos compreso): “I registi per me sono estremamente importanti, come attore è anche fondamentale mettersi nelle mani di una persona che abbia una visione forte. Mi piace avere a che fare con qualcuno che abbia una visione forte e molto chiara, che te la spiega e poi ti muovi verso quella visione cercando di farla tua, di abitarla”.
Figlio di padre medico: “Sono cresciuto in continuo contatto con gli strumenti chirurgici perché spesso, per esempio accompagnavo mio padre quando faceva il giro di visite nella sua clinica. Da adolescente praticamente facevo il portiere nella clinica di mio padre, sono stato in mezzo ai laboratori, alla medicina, alla malattia, ai tentativi di curarsi, ai tentativi di tornare sani. Il fatto quindi che interpreto in questo movie un medico uno scienziato sicuramente sin dai primi momenti ha creato un particolare legame con questo movie. La stragrande maggioranza delle persone l’thought di stare male o di doversi recare in un ospedale è un qualcosa che fa paura. Per me è una specie di ritorno in famiglia, respiro un senso di fiducia, mi pare accogliente e familiare.

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Quella faccia un po’ così (cubista). Ha dovuto fare tante ore di trucco; “L’ho fatto prima, lo rifarò sicuramente, molto probabilmente anche in futuro. È un fantastico strumento, lavorare con una maschera sul viso ti consente di guardarti nello specchio e vedere te stesso che svanisce, mentre emerge qualcun altro. È veramente il cuore e il nucleo del fare finta di essere qualcun altro. Non è comodo, ma ne vale la pena”.

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(ansa)

Frankenstein: sì, può, fare. “Questa storia prende a prestito a piene mani dalla storia di Frankenstein. Ma c’è una grandissima differenza tra queste due storie, perché nella storia di Frankenstein il mostro che lui crea alla advantageous è un qualcosa che gli suscita repulsione. Mentre nel mio caso il mostro è la creatura che è venuta fuori, di cui mio personaggio quasi si innamora. E dando una seconda likelihood a lei la dà anche a sé stesso. Si tratta di qualcosa di non ortodosso e assolutamente non etico, ma lui la vede come qualcosa di generoso, di positivo, di entusiasmante”.

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Con la moglie Giada Colagrande

 (afp)

Ciao maschio. “Con grande umorismo il movie dà una rappresentazione degli uomini all’interno che sono molto precisi oppressivi e sono sicuro che guardando il movie molti uomini si riconoscono in alcuni dei personaggi. Questo movie esprime una liberazione personale attiva, che vediamo attraverso gli occhi di una donna. Di sicuro il movie racconta la capacità di resistenza delle donne da un punto di vista sessuale, maggiore di quella degli uomini. E forse questa è una delle ragioni per le quali gli uomini hanno fatto di tutto per tenere le donne sottomesse per così tanto tempo. D’altra parte, siamo in un’period in cui ci sono grandi cambiamenti. È vero che il pendolo oscilla continuamente, ma siamo ora in un momento in cui c’è un turbinio, un cambio di posizione nel rapporto tra i sessi. Non so se magari vent’anni fa questo movie sarebbe stato accolto come è stato accolto, forse no. Ma non so cosa potrebbe salvare gli uomini, faccio già una gran fatica a tentare di salvare me stesso”.

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