Gli Stati Uniti contro Billie Vacation, la cronaca di una persecuzione e di un brano deflagrante

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È stata la più grande cantante jazz e blues di sempre, oggi amata, idolatrata, imitata, al suo tempo – tra gli anni ’30 e ’50 del secolo scorso – al contrario sfruttata, perseguitata, distrutta (e autodistruttasi).

Lei period Eleanora Fagan, in arte Billie Vacation, nata a Filadelfia nel 1915 e morta a New York nel 1959, protagonista della musica del ’900 e in seconda battuta anche del cinema, visti i tanti movie di finzione e documentari che ne hanno raccontato la vita complicata e il talento infinito.

L’ultimo a cimentarsi è stato il regista afroamericano Lee Daniels (Treasured, The Paperboy, The Butler – Un maggiordomo alla Casa Bianca), autore due anni fa di Gli Stati Uniti contro Billie Vacation, da oggi in streaming su MYmovies ONE: un biopic scritto dalla commediografa anche lei afroamericana Suzan-Lori Parks e interpretato dalla strepitosa Andra Day (cantante al debutto come attrice), che ricostruisce a ritroso la vita della leggendaria Billie, dal 1957 agli inizi della carriera.

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Nel bene e nel male, dentro c’è tutto il mondo di Billie Vacation: il tormento e l’estasi di un’esistenza votata all’eccesso (l’eroina, gli arresti, gli amori sbagliati, i legami con uomini approfittatori); le controversie causate dall’impegno per i diritti degli afroamericani (come le proteste suscitata dal brano Unusual Fruit che denunciava i linciaggi); la persecuzione del governo americano, spaventato dal successo di un’artista nera e tossicodipendente; la forza senza pari della sua voce e del suo carattere indomito; la vicinanza con altre donne, come l’amica Roslyn e l’attrice Tallulah Bankhead.

La Billie che emerge dal movie è una donna complessa, inafferrabile, in cerca d’amore ma mai amata, con una doppia anima destinata a restare irrisolta: l’artista da una parte, avvolta nel mistero secondo la tipica visione americana del talento come dono naturale, e la militante dall’altra, sviscerata in modo spietato, entrando letteralmente nel suo corpo(come nelle soggettive delle siringhe) e sottolineando il dramma di una persona di spettacolo nera costretta a confrontarsi con un pubblico soprattutto bianco.

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Proprio per questo a contare in Gli Stati Uniti contro Billie Vacation è soprattutto la musica di “Girl Day” (così come tutti la chiamavano), il suo timbro caldo e i suoi strappi violenti incredibilmente replicati dalla stessa Andra Day, che interpreta personalmente i brani impiegati: un coraggio ampiamente ripagato vista la pioggia di riconoscimenti (Golden Globe per la miglior attrice in un movie drammatico, nomination all’Oscar per la miglior attrice protagonista, Grammy per la miglior colonna sonora), ma anche un’iniezione di energia in un movie dalla messinscena classica, come se l’identificazione tra attrice e personaggio spingesse la stessa Day a vivere il medesimo percorso di Billie Vacation, come tanti anni fa aveva già sperimentato da un’altra icona della musica black, Diana Ross, in Girl Sings the Blues, movie ispirato all’autobiografia della cantante (che detto per inciso period solita mentire spudoratamente sul suo passato…).

Per chi volesse approfondire il “mistero Billie Vacation”, su MYmovies ONE è disponibile un altro movie, Billie – La vera storia di Billie Vacation di James Erskine, che parte invece dalle interviste raccolte negli anni ’70 da Linda Lipnack Kuehl per scrivere una biografia autorizzata. Le testimonianze recuperate dal regista (più di 200 ore di registrazioni) riuniscono grandi nomi della musica (Charles Mingus, Tony Bennett, Sylvia Syms, Rely Basie), parenti, amici e amanti di Girl Day, avvocati, magnaccia e pure gli agenti dell’FBI che l’avevano arrestata. Per ironia della sorte, la biografia non vide mai la luce, quasi a voler perpetuare il mito di un’artista sfuggente per talento, complessità, grandezza e sregolatezza.

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