Sydney Sweeney di ‘Euphoria’, Emma Corrin di ‘The Crown’: giovani star alla Mostra per il nuovo racconto di Miu Miu

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In mancanza di attori da Hollywood in sciopero (niente Carey Mulligan per il movie su Bernstein, niente Léa Seydoux per quello di Bonello) uno stuolo di giovani star della serialità sono sbarcate al Lido per la presentazione del nuovo titolo della Miu Miu  Ladies’s Tales, il progetto di cortometraggi che dal 2012 fa sposare una storia alla collezione della linea più giovane e anticonformista di Miuccia Prada. Quindi ecco Sydney Sweeney (Cassie di Euphoria, Olivia di The white lotus), la giovanissima Diana di The Crown, Emma Corrin, la sedicenne Demi Singleton (period la piccola Serena Williams in Una famiglia vincente con Will Smith). Accanto a loro artiste di maggiore esperienza come la regista Ava DuVernay, la scenografa quattro volte premio Oscar Catherine Martin (Moulin Rouge, Elvis), l’attrice e regista Maggie Gyllenhaal.

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Emma Corrin

 

Questo parterre di artiste hanno partecipato alla première del nuovo corto, il ventiseiesimo del progetto, Stane, diretto dalla regista croata Antoneta Alamat Kusijanović, vincitrice del premio Digital camera d’Or di Cannes. Con protagonista Danica Curcic nei panni di una donna che nel giorno in cui – di fronte a tutta la comunità croata emigrata negli Stati Uniti di cui fa parte – deve prendere le redini dell’azienda di famiglia si trova a combattere con il fallimento del suo matrimonio, il patriarcato che le impone regole e ipocrisie e il maschilismo imperante in un ambiente come quello dei cantieri edili. Abbiamo intervistato la regista.

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La regista e la protagonista

 

Quanto c’è Stane c’è in lei, nelle sue origini e qual è stata la scintilla che ha dato vita al movie?

“La mia trisnonna si chiamava Stane e ha vissuto una vita molto, molto dura. Con questo movie ho voluto onorare lei e per quello ho scelto di dare il nome Stane alla protagonista e fornirla di quella forza e resilienza che lei aveva. Io stessa ho lavorato brevemente nei cantieri edili a New York quindi so abbastanza cosa significa da donna lavorare in quel mondo molto maschile”.

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La formulation del progetto prevede che per ogni movie ci sia una collezione da includere. Ricorda un po’ quello che accadeva con gli artisti del passato che avevano dei committenti, dei signori, dei Papi… Ha vissuto più la sfida o il limite?

“Io credo che in arte esista un’incredibile sincronia. Questa storia l’ho portata con me per tanti anni e poi ho visto la collezione e la collezione period perfetta. Non immagineresti mai che non siano i costumi adatti a questo movie. Se si pensa a queste armature, a questi abiti maschili che poi nascono delle stoffe incredibilmente femminili. Se avessi dovuto disegnare gli abiti per il movie avrei scelto questi. Sono convinta che esista un Dio dei cineasti che ci protegge”. 

[[(gele.Finegil.Image2014v1) 80° Festival del Cinema , ]]

Nel movie ci sono tre generazioni: la madre, la figlia e il ragazzino che si confrontano con questa gerarchia patriarcale. Lo sguardo di Stane è probabilmente il suo ma da regista deve avere tutti i punti di vista.

“Credo che il regista deve in qualche modo contenere tutti i personaggi del suo movie. Attraverso queste tre generazioni noi vediamo la progressione quando ne parlo divento molto emotiva perché oggi che sono madre e ho un figlio ho molta fiducia nello sguardo dei ragazzi e penso sempre che tutto dipende da me, da come da madre cresco questo ragazzo, come le nuove generazioni – sia maschi che femmine – cambino le cose. Tutto sta cambiando, lentamente ma sta cambiando, e prima e dopo il cambiamento siamo diversi in cosa pensiamo e come ci comportiamo”.

Nel movie si vede la comunità croata a New York, è quella che ha frequentato lei?

“Trovo molto affascinanti tutte le comunità di immigrati. Vivono il paese dei proprio genitori attraverso un’thought di quel posto che appartiene magari a cinquant’anni fa e oggi non corrisponde più. Perché il tempo passa, le cose cambiano e loro mantengono un’thought di purezza fatta di ricordi e la memoria è pericolosa perché non è reale. Ci ricordiamo di un tempo convincendoci che period la cosa più bella che poteva esistere. Questa è la questione ingannevole della diaspora perché vivi nella memoria di cosa period e questo crea un tensione emotiva fortissima”. 

Quale è il cinema che ama e si ispira a qualche movie nel suo lavoro?

“Molto raramente faccio riferimenti al cinema nel mio lavoro, per i miei movie guardo molto più all’arte, alla letteratura. La mia fonte di ispirazione maggiore però sono le persone. Quando scrivo i miei movie non guardo nulla perché devo essere consumata dalla vita reale attorno a me. Per quello che riguarda il cinema che ammiro sono molto appassionata dello sguardo di cineasti come John Cassavetes e Jane Campion ma sono profondamente commossa dal lavoro di una nuova generazione di registi che si stanno muovendo oggi. Solo qui in Italia ne avete di straordinari, penso a Jonas Carpignano e Alice Rohrwacher”.

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