‘Cannibal Holocaust’, torna in sala il movie controverso che finì tra i dannati

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Non fu Cannibal Holocaust di Ruggero Deodato il prototipo del filone esotico-erotico-scandalistico del nostro cinema, che esisteva già dagli anni Sessanta e aveva preso il nome di “mondo film”. Però fu senz’altro il movie che fece più rumore, creando perfino un caso giudiziario, restando invisibile per molti Paesi e circondandosi di un alone sulfureo che lo consacrò all’Inferno dei movie dannati. Il movie del 1980 è tornato in sala a pochi mesi dalla morte del regista mentre alla Mostra del cinema di Venezia verrà presentato Ultimo mondo cannibale, primo titolo della saga “cannibale” in versione restaurata in 4k sotto la supervisione di Lamberto Bava, all’epoca aiuto regista.

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A guardarlo da un punto di vista più oggettivo, si tratta di una produzione a buon mercato, recitata come un porno e spesso incoerente. Piena di violenza, torture, stupri, impalamenti e quant’altro (in una singolare contrapposizione con la dolce partitura musicale di Riz Ortolani). Ciò che suscitò tanta impressione fu però, al di là dei contenuti, l’impianto del movie di Deodato, che fece credere a molti di non trovarsi di fronte a una finzione truculenta, ma a una raccapricciante realtà. Una troupe di quattro documentaristi americani (un regista e la sua sceneggiatrice, più due cineoperatori tra cui un giovane Luca Barbareschi) s’inoltra nella foresta amazzonica per girare un movie sulle ultime tribù cannibali. Il quartetto scompare. Alcuni mesi dopo Monroe, antropologo dell’università di New York, ripete il percorso, trova i resti dei quattro e riesce a recuperare il loro “girato”.

Troviamo qui il primo esempio di discovered footage, che più tardi sarà applicato a tanti movie a partire da The Blair Witch Mission: un falso documentario basato su immagini riprese da altri e contenenti la “verità” su ciò che è accaduto. È così che lo spettatore di Cannibal Holocaust vede la terribile sorte toccata ai cineasti, oltre a uccisioni tratte da materiale di repertorio e a crudeli trattamenti inferti advert animali.

Convincendosi che le violenze siano avvenute realmente; anche con la complicità di Deodato, che impose ai suoi attori di sparire per un po’ dalla circolazione. Cominciò a girare la voce (e all’epoca Web period di là da venire…) che il regista avesse ucciso alcuni di loro durante la lavorazione e che le morti non fossero simulate, ma reali are available uno snuff film. Alla high-quality Deodato dovette mostrare gli attori vivi e vegeti e spiegare come erano stati realizzati gli “omicidi”. Nel movie ci sono anche scene di animali ripresi mentre vengono uccisi: insopportabili, advert esempio, quelle in cui una tartaruga gigante è decapitata e fatta a pezzi con abbondanza di particolari sadici. Se oggi ciò è difficilmente tollerabile per l’acquisita coscienza animalista, non piacerà molto di più alle spettatrici la rappresentazione estrema della donna e della violenza sessuale, con scene di “sexploitation” che lasciano ben poco all’immaginazione (stupri di gruppo, penetrazioni con attrezzi…).

Eppure Cannibal Holocaust ha sempre avuto i suoi estimatori: a cominciare dal regista indipendente Eli Roth, che ne ha fatto un semi-remake intitolato The Inexperienced Inferno. Però la difesa d’ufficio più bizzarra è quella di chi vorrebbe vederci un movie di denuncia, una sorta di commento sociologico contro lo sfruttamento del sensazionalismo per ottenere viewers ed attirare pubblico. Dove i “cattivi” non sarebbero più gli indigeni, per quanto crudeli e feroci; bensì i civilissimi occidentali, pronti a sfruttare la sofferenza altrui mostrando atrocità mascherate da “informazioni”. Argomento, in verità, non troppo convincente, ma su cui ogni spettatore potrà esprimere il proprio parere.

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