Giffoni, la promessa strappata di Tony e la passione per il calcio più forte della paralisi

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Una storia di passione per il calco e per la vita, quella di Antonio Palermo. Un ragazzo salentino, un talento precoce e forte, una strada spianata verso la serie A, gli spot per la Nike con i suoi meravigliosi palleggi. Tutto si spezza con una malattia improvvisa, la paralisi fisica e psicologica, il dolore superato con la tenacia e quella passione per il calcio che ne moltiplica la forza di volontà. Al Giffoni Movie Pageant è di scena Il calcio di Tony, il ragazzo tornato dalla Luna, cortometraggio nato da un’thought della giornalista di Sky Denise Negri. La regia è di Giovanni Cintoli.

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Antonio Palermo. che oggi ha 43 anni, è assessore allo Sport e alle Politiche giovanili nel Comune di Cavallino in provincia di Lecce, rivive la sua storia, la racconta con sincerità mai retorica. L’accoglienza dei giurati ragazzini a Giffoni è straordinaria, applausi e molta commozione. “Essere qui è stata un’esperienza bellissima: i ragazzi hanno ben compreso il tema, erano coinvolti ed è stato un piacere rispondere alle loro domande, sempre profonde e puntuali. Mi hanno chiesto soprattutto come ho fatto advert avere questo recupero speciale, la forza che mi ha spinto, ho risposto che è stata la passione per il calcio, ma anche la volontà di riprendere in mano quella vita normale, che non avevo più. Mentre andavo by way of i ragazzi continuavano a venire da me, a chiedere, a raccontarsi. Spero che la mia storia possa essere per loro un esempio positivo”.

Nel viaggio che è il movie ci accompagnano, oltre a Tony, sua madre Gianna, quegli amici che gli sono rimasti sempre vicini, l’allenatore. Denise Negri spiega: “Ho scoperto la storia per caso, incontrando Antonio. Mi ha profondamente commosso, mi ha colpito la naturalezza, la semplicità con la quale raccontava quella che period invece una storia straordinaria. Di passione per lo sport, di amicizia, di amore. Di caduta e di rinascita. Dopo tutto quello che ha passato Antonio non ha il minimo ripianto per quello che avrebbe potuto diventare, per ciò che la vita gli ha strappato”.

Come ci consegnano i filmati un po’ sbiaditi, Antonio Palermo è un ragazzo con un talento innato per il calcio, una promessa del Salento, un ragazzino che palleggiava per strada con le arance, le palline da tennis, i rotoli di scotch o qualsiasi cosa potesse prendere vita tra i suoi piedi. “Quando giocavo non contava niente altro”, cube Tony nel movie, “per me period sempre un momento magico della giornata e questo momento non finiva mai perché cominciava la mattina e finiva la sera quando non c’period più il sole”.

Anche l’allenatore Antonio Toma ricorda che, nei primi anni Duemila, Tony aveva “un sinistro ai livelli di Messi, un piede che period un prolungamento del muscolo sul pallone e nell’uno contro uno saltava tutti. Tecnicamente period il giocatore più importante che c’period da Roma in giù”. 

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Il futuro nel calcio professionale sembra più certo e più vicino. Poi arrivano i problemi. Da un po’ Tony ha iniziato a stare male. Strani disturbi: vomita, perde l’equilibrio, è sempre stanco, spossato. Ma non molla, continua advert andare avanti, non molla un allenamento.
Un infortunio al ginocchio, un ricovero d’urgenza, la scoperta della verità. Ha un tumore al cervelletto che si è ingrandito. Troppo. È arrivato all’ultimo stadio, l’operazione è necessaria e va fatta con la massima urgenza. Gli interventi diventano tanti, lui perde conoscenza. Al risveglio è l’inizio di un calvario. Si è paralizzata, completamente, tutta la parte sinistra del corpo. Che non risponde più a nessuno stimolo.
“Ero legato al lettino – racconta a Denise Negri – pensavo di non ‘essere’ più niente e che fosse arrivata la mia positive”. Ma il gruppo storico dei suoi amici, quelli orgogliosi di lui, non pensano neanche per un istante di mollarlo. Tre di loro si trasferiscono per due mesi a Milano, per stargli vicino, per fargli coraggio. La sua famiglia, il papà Adriano, Gianna la mamma, la sorella Chiara e il più piccolo Gianmarco sono uniti nel sostenerlo, un mondo di amore.
“Quando ero nel letto di ospedale e vedevo un campo di calcio fuori dalla finestra, immaginavo di poter tornare a essere come quei ragazzi che giocavano liberamente. Quando ti trovi in quelle situazioni ti rendi conto che tutto quello che facevi prima period una fortuna, sia giocare che camminare”. La madre Gianna, nel salotto di casa, ricorda che il suo Tony “period tornato come un bambino, doveva imparare nuovamente a fare tutto”.
I giorni si trasformano in settimane, poi anni. Di esercizio e fatica, fisioterapia, dolore, tenacia, sfida. Tony non voleva tornare solo a camminare, voleva giocare di nuovo a calcio. “Per riuscirci ho dovuto fare migliaia di show perché non avevo il controllo della gamba. Però avevo capito che il mio miglioramento, anche se non period veloce, poteva essere graduale e costante, seppur lento”.
Sei anni di allenamento, ogni giorno, senza mollare mai. “Non mi bastava camminare, dovevo giocare, dovevo continuare a fare sport. Del resto l’uomo è nato per migliorarsi, deve sempre cercare di farlo. E io sono un uomo e devo sempre migliorare”.
Ha superato una prova immensa, una di quelle esperienze che ti cambiano completamente, racconta Antonio: “Ora riesco advert apprezzare di più le cose semplici della vita: uscire con gli amici, fare una passeggiata con la fidanzata o anche solo svegliarsi ogni mattina e poter scendere dal letto”. La passione per il calcio ha fatto un miracolo “è stato grazie a quello che ho trovato la forza di resistere, rinascere. L’obiettivo period di poter tornare a giocare. Non sono diventato un calciatore professionista ma ora sono soddisfatto anche solo di venire invitato dagli amici a giocare a calcetto, perché se non sei bravo, gli amici non ti invitano”.

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