Stewart Copeland torna sul luogo del delitto. E la Taranta è ancora una volta festa e sensualità

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Il mondo della pizzica è un benefico morbo che si attacca e non passa mai più. Com’è successo a Stewart Copeland che in un giorno del suo lungo peregrinare solitario fuori dall’avventura dei Police, fu “toccato” dal ragno salentino e chiamato a occuparsi della Notte della Taranta, cosa che fece con esiti memorabili. Ieri sera, esattamente vent’anni dopo, l’esperimento è stato celebrato nello stesso luogo del delitto, perché soprattutto quando c’è di mezzo un “morso” sul luogo del delitto si torna sempre, ovvero in quel di Melpignano, davanti a un pubblico entusiasta e partecipe.

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“Io sono salentino” ha urlato Copeland dal palco col suo grondante caschetto di capelli bianchissimi e una vitalità straripante, ed è vero che da quel magico contatto di vent’anni fa gli è rimasta addosso questa sensazione di appartenenza, l’ha scritto nei suoi libri, l’ha raccontato a ogni occasione, e ieri ha gioiosamente acconsentito a tornare in concerto insieme a una specie di dream crew allestito per l’occasione con alcuni dei musicisti che furono al suo fianco allora, a partire da “the boss”, come l’ha chiamato Copeland, Vittorio Cosma, l’uomo grazie al quale tutto è potuto ripartire, e poi Ares Tavolazzi, Antonio Castriganò che nel 2003 partecipò alla sua prima Taranta, con due voci femminili impareggiabili come Ninfa Giannuzzi e Carla Casarano, con elementi del Canzoniere Grecanico Salentino e dei Radiodervish, una piccola grande orchestra in grado di far rivivere quella serata, al debutto dell’edizione 2023 del Locomotive Jazz Competition.

Copeland è uomo di percussioni molteplici, ha sempre concepito la batteria come uno spazio cell, come un terremoto di variazioni a tema, un imprinting rock ma molto versatile, adatto a stuzzicare radici ritmiche della terra, a fondersi con i rituali pagani della musica che vive nelle profondità delle tradition locali, e ieri sera ha ricordato come la pizzica tarantata possa essere uno dei suoi terreni familiari, rievocando e riassumendo in una sera di festa il senso della “sua” notte della Taranta, quando calò come un marziano rock nella tradizione del Salento e si fece adottare da una delle più belle regioni del pianeta. Serata di festa, di sensualità, di repertorio classico rivisitato con pezzi immancabili come Lu ruscio de lu mare o Kalinikta, e una frase che ricorre continuamente: “bellu l’amore e chi lo sape fà”, tanto per ricordarci che la musica è “sempre” portatrice di amore e se il mondo assomigliasse di più alla musica sarebbe un mondo più bello.

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