Paolo Rossi: “Viviamo nella società del palcoscenico, tutti teatrini. Sangiuliano invece è un melodramma. L’alcol? Diciamo che per un po’ ho sbagliato le dosi…”

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“Un attimo solo, esco dall’resort così fumo una sigaretta. Questo posto è pieno di giapponesi… Eccoci qua”.

Paolo Rossi, sabato sera, anche grazie al suo Pirandello, riceve il Premio internazionale di Satira Politica a Forte dei Marmi. Ma vorremmo partire dall’ex ministro Sangiuliano

“Aspetti, aspetti…prima Pirandello, poi Sangiuliano”.

Va bene ma ha fatto una promessa.

“Con la mia compagnia, che non è formata da personaggi in cerca d’autore ma da attori in cerca di soldi, abbiamo preso alla lettera Questa sera si recita a soggetto. Gli “scolastici” hanno storto un po’ il naso: sì, però, non puoi fare così. Ma quel testo è un manifesto politico su come deve essere il teatro. E quindi su come funziona la società”.

In che senso?

“Non viviamo più nella società della spettacolo ma nella società del palcoscenico: tutti teatrini. Teatrini ridicoli”.

Stiamo arrivando a Sangiuliano?

“E aspetti, su… noi proviamo a smascherare questi nuovi attori. Tra l’altro con la benedizione di Pirandello: ci ho parlato, mi ha evocato nel suo dormiveglia e mi ha detto che andava bene così”.

Siamo tutti più tranquilli.

“Mi ha anche detto che la satira ha più possibilità se parte dal basso. Se non insegue il mainstream, quello che dicono i telegiornali”.

Non li guarda?

“Le cose mi arrivano sotto forma diversa: per strada, in osteria, al molo. Vivo a Trieste, città di mare, cosmopolita”.

Quindi le arriva anche un po’ di politica internazionale?

“Ho incontrato due marinai greci imbarcati su una petroliera. Gli ho chiesto: ma la Grecia produce petrolio? Hanno risposto che il petrolio è russo, lo caricano in acque internazionali così noi paghiamo di più. Un altro teatrino… Sangiuliano… quello è più un melodramma però”.

Ci eravamo quasi rassegnati…

“E, come nel melodramma, la verità sta nel sottotesto. Cioè che Sangiuliano – che sta alla cultura come io sto al pattinaggio artistico – si dimette non per una questione di competenza ma per un passo falso. Adesso così si chiama: passo falso”.

Quindi non ci incistiamo sul privato?

“Il problema non è che Sangiuliano ha una vita privata esagerata, come direbbe Jannacci. Il problema è la competenza di questa classe politica”.

Abbandoniamo ogni speranza?

“Per amor di Dio, quella va sempre coltivata. Il problema è che vanno troppo in televisione”.

Negli anni Novanta ci è andato anche lei.

“C’period un vuoto di potere, i partiti non rompevano i….”.

…i dormiveglia.

“Esatto. E poi c’period Angelo Guglielmi che proteggeva, suggeriva, stimolava”.

Il premio che riceve sabato – consegnato da Beppe Cottafavi anche a Diego Bianchi, Filippo Ceccarelli e altri – la trasformerà in un venerato maestro?

“Ho già scelto da tempo la mia direzione: sono un cattivo maestro”.

La satira s’insegna?

“No. Bisogna leggere molto: Omero e Ovidio, Mark Twain e Pirandello”.

Cosa la fa stare bene?

“Pensare che il pubblico mi sostiene: forse non ne gioisco troppo consapevolmente ma almeno dormo benissimo. Un attimo ancora, è arrivato mio figlio”.

Che padre è?

“Un cattivo maestro”.

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Che figlio è stato?

“Sono nato a Monfalcone. Lì altro che Pirandello, ci vorrebbe Kafka. E “Kafka a Monfalcone” è anche un bel titolo. Insomma, mio padre period di tutt’altra parte, di destra. Ma mi ha insegnato a vedere prima la persona e poi l’adesivo che indossa”.

La persona che le ha cambiato la vita?

“Un rapinatore”.

Prego?

“Tutti conoscono i maestri che ho avuto: Dario Fo, Jannacci, Gaber. Ma il modo di stare sul palco me lo ha cambiato un rapinatore. A Milano negli anni 70 i cabaret erano borderline con la malavita. Viene questo tizio prima di uno present e mi cube: “Sali sul palco troppo in tensione. Devi farlo are available una rapina”. Chiedo spiegazioni. E lui: “Non preoccuparti di come dici ‘Mani in alto!’. L’importante è saltare il banco e arrivare alla cassaforte. Il pubblico vuole quello, vuole una storia da raccontare”.

Chi la fa molto ridere?

“Parto da lontano. Ho avuto una vita privata molto frastagliata. Tre figli con tre donne. Ma solo perché sono democratico. Bé, adesso sono fortunato: quando ridi con la persona con cui stai e lo fai anche dopo una litigata è una gran cosa”.

Dobbiamo farle una domanda sull’alcol.

Il mio periodo blu. Allora, è complicato. Molte cose devono restare personal. Mi affido a Paracelso, agli alchimisti, a Shakespeare: “Tutto è veleno, nulla esiste di non velenoso. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto”. Io, pur essendo un perito chimico, per un po’ ho sbagliato le dosi”.

Nel suo dormiveglia evoca anche Dario Fo?

“No, solo Jannacci. Con Dario ho condiviso il teatro e un po’ di vita. Con Enzo ho condiviso la vita che period un teatro”.

L’abbiamo trattenuta troppo, è ora di pranzo…

“A Venezia, proprio durante un pranzo, all’improvviso Jannacci si alza. Mi cube: ‘Andiamo through’. Replico: ‘Enzo, senza pagare?’. ‘No’, fa lui e si avvicina alla cassa. E proclama: ‘In un locale che accetta americani e non i cani, non ci possiamo stare’. Poi rivolto a me: ‘E tu, mi raccomando: bevi solo Chinotto e mai la Coca Cola’.

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