Vanessa Scalera, dopo Imma Tataranni torna a teatro per un dramma famigliare

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Trae molto in inganno l’atteso ritorno a teatro di Vanessa Scalera, a solo qualche metro dagli spettatori, nello spazio intimo e prenotatissimo dell’Argot Studio. L’attrice mette a segno un calmo affetto domestico. Ogni nervo del suo volto è in teoria disteso, ogni intento asseconda una rimpatriata, una rappacificazione caratteriale. Dopo vario tempo lei rifà ingresso nella casa della sorella minore, che ha offerto il suo tetto per i domiciliari cui è ancora condannato un loro fratello cut back da quattro anni di prigione.

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VINCENZO SINISCALCO 

Scalera è stata l’avvocato di famiglia che all’epoca ha preso le difese di lui in tribunale. Ora Giulia porta a sorpresa una notizia che attenua la posizione di Luca, responsabile d’aver ucciso una donna investendola in un incidente stradale, in preda a stupefacenti, con una patente scaduta. Una frase sospetta sussurrata dai congiunti della defunta ha indotto infine la sorella legale, dopo molto tempo, cube lei, a visionare i referti della vittima, venendo a sapere che la persona travolta aveva comunque, certificati, ancora solo tre mesi di vita. L’immediata revisione del processo implica una naturale nuova clemenza, con esenzione dal compimento della condanna.

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Quindi La sorella migliore di Filippo Gili, per la sesta volta (dal 2011) autore di tematiche di coscienza adottato da Scalera, con consolidata regia di Francesco Frangipane, fornirebbe un testo dove, in altro modo, la impersonatrice di Imma Tataranni mostrerebbe un acume risolutorio, etico. E invece le cose non stanno così. Ci vuole tutto lo scavo della drammaturgia morale di Gili, e ci vuole anche l’autorevolezza impenetrabile, disposta a sorrisi di facciata e a minuziose seconde identità alla Hitchcock di cui è saldamente in possesso Vanessa Scalera, per svelare alla superb che la avvocata sorella di Luca fu “subito” a conoscenza dello stato di salute già precario della vittima. Lei voleva però che il fratello pagasse a pieno e per intero, con una lunga detenzione, la sua colpa, senza tolleranze, senza sconti. Di questa consapevolezza punitiva e intransigente s’accorge la sorella buona, che disperatamente non ne farà cenno a Luca, né alla generosa madre che ha sempre avuto per lui un debole.

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Per una volta Scalera è nei panni di un soggetto ingeneroso, contraddittorio, persecutorio, diciamo pure vessatorio, dotato di un qualche atroce calcolo, da soggetto che potremmo non ben condividere. Proprio per questo è bravissima, sfodera un controllo accurato, pedante, apparentemente empatico che è dote degli artisti esteriormente ragionevoli e solidali, con qualcosa di micidiale che è invece da nascondere. Mentre a vario titolo sono umani, stressati, giusti e familiari Daniela Marra (la sorella Sandra), Michela Martini (madre), e Giovanni Anzaldo (Luca). Testo esemplare e non retorico, e regia affilata come un coltello, per un’emozionante trama opaca con marchio Argot, Pisani, Infinito Teatro e Briciole. Al Teatro Diana di Napoli fino al 10, il 13 a Stradella, il 14 a Venaria.

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