Informazione e populismo, il ritorno in Rai di Giletti “l’acchiappapubblico”

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Se le presenze vogliono dire qualcosa, quella del direttore generale della Rai Giampaolo Rossi, seduto in prima fila alla conferenza stampa per il ritorno del figliol prodigo Massimo Giletti, appare significativa. Al suo fianco i consiglieri di amministrazione Simona Agnes e Alessandro Di Maio. Dietro, dirigenti e direttori affollano la Sala Sergio Zavoli. Dopo il divorzio da La7, sarà Giletti a condurre mercoledì 28 febbraio su Rai 1 La television fa 70, megashow celebrativo per i 70 anni della televisione.

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È fuori dalla Rai dal 2017, quando venne chiusa L’enviornment — sinistra al governo — torna in piena TeleMeloni, accolto come il salvatore della patria, e parla da dirigente. Cube ironicamente che «è in prova» ma ha le idee chiarissime. «Il mio desiderio adesso è fare bene i prodotti. Un futuro da dirigente? Tutto è possibile. Mi auguro che la politica capisca come sia importante creare gruppi di lavoro, anche piccoli, che abbiano dei riferimenti ai contenuti e non al controllo del prodotto. La Rai dovrebbe avere più coraggio tra la dialettica conservativa e quella innovativa».

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«Il successo di Amadeus» spiega «è nel portare dentro la realtà. Non possiamo essere avulsi dalla contemporaneità. Il tempo non si può mettere in uno scaffale, la television deve raccontare l’oggi, non abbiamo fatto la television di Techetechetè». Poi, a chi gli chiede come avrebbe fatto a fare un programma, certo contemporaneo, ma basato sul valore della memoria, senza le teche, spiega: «Le teche sono un gioiello, la vera risorsa di questa azienda, le abbiamo utilizzate ma non troppo, per scelta. Chi va in prima serata deve arrivare in modo diverso».

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L’addio a La7 non è stato indolore; la scelta dell’editore Urbano Cairo di chiudere Non è l’enviornment ha fatto discutere, le inchieste sulla mafia — le dichiarazioni del pentito Salvatore Baiardo, i presunti rapporti tra Dell’Utri, Silvio Berlusconi e i boss Graviano — hanno portato Giletti in procura. La vicenda, complessa, finirà in tribunale.

Oggi il giornalista riparte dalla Rai. È evidente che questa maratona lunga come una puntata del competition di Sanremo — che mette insieme, tra gli altri, Baudo, Arbore, De Filippi, Fiorello, Conti, Mentana, Clerici, Amadeus, Bonolis, anche se il conduttore si rammarica per l’assenza di Fazio «Avrei voluto ci fosse anche lui, mi ha un po’ deluso umanamente. Non mi ha risposto» — è solo l’inizio di una nuova carriera a viale Mazzini, dove l’aria è cambiata. Cosa cerca la Rai? Sicuramente qualcuno che faccia una prima serata di informazione (finora, a parte i titoli storici che resistono come Report e Presa diretta, tutti i tentativi sono stati fallimentari). Serve “l’acchiappapubblico”, e Giletti col suo modo di fare approfondimento condito di populismo ha il profilo giusto. E certo, anche con L’enviornment, la domenica pomeriggio, sapeva raccogliere milioni di spettatori. Quindi si rifarà? «Il marchio è nato in Rai ma credo che ogni epoca abbia il suo tempo, non so quello che farò tra tre o quattro mesi. Sono appena rientrato, vediamo. È prematuro. Ci sarà da rifare il Cda, vedremo cosa accadrà. L’importante è avere più offerte, qualcosa farò, non so cosa e con chi».

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Di lotta e di governo, Giletti si definisce «artigiano della television» e spiega: «Preferisco la television antiliturgica. Ho grande rispetto della liturgia — la fede mi tiene in piedi, vado a messa — ma trovo che bisogna avere un po’ di coraggio. Non ho mai creduto a una verità unica. Anche quando mi hanno criticato perché sono andato in Russia, poi non ho esitato advert andare in Ucraina. È un dovere raccontare. Ma non in modo ideologico: potete imputarmi tutto, ma non di essere ideologico».

Non vuole apparire come il conte di Montecristo, ma un po’ lo sembra, cube che il Giletti di ieri (in lacrime alla conferenza del passaggio a La7, mai nascosto che l’addio alla Rai period stato un dolore) è diverso dal Giletti di oggi. «Il mio ritorno non è una rivincita. La vita è fatta di momenti. Oggi è importante avere un equilibrio nell’anima, per essere sereno. Ho ascoltato Minoli: “Vai lontano su un’isola”. È chiaro quando chiudono un programma non sei felice, ma io ho le spalle larghe. Mi è dispiaciuto per i trenta ragazzi che erano con me. Essere qui significa riappropriarsi del luogo in cui sei nato. Non temo le nuove sfide. È solo televisione». Non è poco.

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