Un viaggio nella memoria. Cantando. È dedicata al grande autore di canzoni che hanno segnato molte generazioni la musica italiana la puntata speciale di Techeteche Present in onda questa sera, venerdì 2 febbraio alle 21.30 su Rai 1. Lucio Battisti Numero Uno – la serata condotta da Flavio Insinna – ripercorrerà la vita e la carriera del genio attraverso i materiali – in parte inediti – dell’archivio Rai televisivo e radiofonico.
Per ricordare Battisti, abbiamo scelto dieci canzoni. Tra tutte quelle che ci hanno agganciato anima e cuore (troppe per essere ricordate tutte), pescate a piacere nel cesto della memoria.
Mi ritorni in mente – 1969
È diventata così tanto familiare che ormai sfuggono i contorni artistici di questa canzone che ha cambiato il pop italiano. Una magnifica melodia che all’improvviso diventa un colpo al cuore. Un dolore fatto canzone. Due brani in uno, nessuno aveva mai osato tanto.
Emozioni – 1970
“La” canzone di quell’epoca. Battisti raccontò di averla scritta dopo il viaggio a cavallo Milano-Roma con Mogol “e ci ho messo dentro quella tensione intima, quei passaggi bruschi, sospesi in aria, per esprimere meglio il senso di scoperta, di stupore, di libertà che provammo io e Mogol avventurandoci per prati, colline e fiumi”. Niente, nella musica italiana, fu più come prima.
Fiori rosa fiori di pesco -1970
Il tormento di un amore buttato by way of. Forse l’interpretazione più drammatica di quel periodo battistiano: quel “io ero proprio fuori di me” è l’immagine di una disperazione urlata con una forza inaudita. Battisti è senza filtri, è la voce degli innamorati senza speranza. E poi dicevano che non sapeva cantare.
E penso a te – 1970
Il ’70 è l’anno in cui fu scritta da Mogol e Battisti e poi affidata alla voce di Bruno Lauzi. La versione di Lucio arrivò nel 1972: intensa, delicata, commovente. Il colpo di genio period quel coro finale: un crescendo di “papapapapa” che hanno cantato tutti. Una liberazione e una speranza per un amore sospeso ma (forse) non ancora finito.
La luce dell’est (1972)
“A te che sei il mio presente” è l’attacco del ritornello di una canzone che sposta l’asse del cantautorato proiettandolo verso il futuro. Tutto l’album Il mio canto libero period un salto nel futuro, con il suo gusto progressive e i testi immaginifici. Qui Battisti mette insieme retaggi folks e melodia made in Italy. Il risultato è soave.
Vento nel vento – 1972
L’amore vince su tutto: dolore, solitudine, paura. Non si canta nei falò, non passa in radio, ma l’arrangiamento, il cantato, l’orchestra ne fanno un capolavoro assoluto. L’assolo di archi è citato ne La leva calcistica della classe ’68 di Francesco De Gregori.
Sì viaggiare – 1976
Alzi la mano chi non ha mai citato “quel gran genio del mio amico”, un meccanico che ripara tutto. Suoni internazionali, suggestioni di fuga, costruzioni melodiche irresistibili. Si viaggia “evitando le buche più dure”, semplice metafora sentimentale che arriva ovunque in un attimo. E non se ne va più.
La compagnia – 1976
Battisti non period solito cantare canzoni non sue, ma si innamorò di questo brano scritto nel 1969 da Mogol e Carlo Donida per Marisa Sannia. Un pezzo classico che Battisti fa a pezzi e ricostruisce da capo trasformandolo in un modernissimo racconto di caduta e rinascita. Il suo falsetto raggiunge tonalità inesplorate.
Prendila così – 1978
L’ennesima svolta artistica porta Battisti a scegliere un suono pop molto british, moderno ma accattivante. La canzone trasmette colori invernali; la storia d’amore finisce, e con lei un’intera epoca battistiana: la copertina dell’album Una donna per amico mostra l’ultima immagine pubblica di Lucio, che da quel momento diventa un fantasma.
Don Giovanni – 1986
Il fantasma distrugge il suo passato: dopo il divorzio da Mogol, Battisti affida i testi al poeta Pasquale Panella, che smonta tutte le regole della canzone fin lì conosciuta. Battisti sposa l’elettronica avvolgendo testi carichi di suggestioni, allitterazioni e paradossi di parole: in questa rivoluzione fascinosa e spiazzante spunta la romanza del nuovo millennio.