Bradley Cooper è convinto che siano le donne a reggere il peso del mondo. E, alla prima occasione da regista, lo ha dimostrato: in A star is born, la protagonista Woman Gaga usa la musica in maniera salvifica. È l’inizio di una carriera, l’ascesa di una stella, come s’intuisce fin dal titolo. Nel secondo lavoro dietro la macchina da presa, Maestro (disponibile su Netflix), fa un passaggio ulteriore e le word glorificano l’uomo, ma neppure in questo caso basta a se stesso. Nel biopic del direttore d’orchestra Leonard Bernstein, infatti, la moglie interpretata da Carey Mulligan resolve di mettere da parte la carriera d’attrice per abbracciare in pieno la grandiosità del marito ed è persino disposta a condividerla con un altro uomo.
A 49 anni appena compiuti, l’artista è all’apice della carriera, dopo averne speso quasi la metà a fare provini e a ricevere fragorosi “no”, prima dell’avvento di J.J. Abrams e della serie Alias. E ora è pronto advert affrontare la notte degli Oscar dove il suo movie ha ottenuto sette nomination: attore protagonista (Bradley Cooper), attrice protagonista (Carey Mulligan), sceneggiatura originale, fotografia, trucco, suono e, soprattutto, miglior movie.
Maestro è l’apoteosi di un chief che guida e bacchetta, nel senso letterale del termine, ma Bradley Cooper non credeva avrebbe visto mai la luce: «Non mi ero spinto tanto in là con l’immaginazione – ha spiegato alla vigilia delle quattro nomination ai Golden Globe – e quando ho diretto A star is born non sapevo se avessi mai avuto l’opportunità di tornare a dirigere. Quando ho ricevuto il copione di questo progetto ero fuori di me dalla gioia ma non perché fosse legato nuovamente alla musica. Quella è stata una coincidenza».
Il livello di difficoltà aumenta se si pensa che comunque la storia vera è tratta dal memoir della moglie di Bernstein: «Prima di leggere la sceneggiatura – ammette – non sapevo granché della storia, ma ho trasformato quest’ignoranza in stimolo. Tutto è diventato una scoperta, senza preconcetti: volevo umanizzare i personaggi e scavare nelle loro verità. Mi ha colpito, comunque, come il maestro non amasse le etichette e quanta frustrazione abbia provato in vita sua quando ne spuntava fuori una nuova».
Per prepararsi al ruolo di protagonista Bradley Cooper è andato giù pesante con il metodo: «Per tre anni e mezzo dopo aver messo mia figlia Lea a letto, andavo dietro le quinte della Filarmonica di New York per assistere alle esibizioni. Ero nel backstage varie serie a settimana a guardare il direttore d’orchestra. E poi guardavo e riguardavo il video di Leonard che dirigeva il concerto che io metto in scena per sei minuti nel movie. Sul set c’erano consulenti, esperti e musicisti e io volevo essere fedele a Lenny, rendergli omaggio. Ho lavorato anche con un vocal coach, lo stesso che mi ha aiutato con A star is born e che segue, tra gli altri, anche Leonardo DiCaprio».
Cosa abbia a che fare la voce con il resto lo spiega subito dopo: «Il maestro aveva una deviazione del setto nasale, fumava e io l’ho ritratto in varie fasi della sua vita».
Nella corsa a ostacoli che può essere un movie di queste proporzioni Bradley Cooper ha continuato advert aggiungere gradi di difficoltà: «La prima volta che ho visto un concerto lo dirigeva Riccardo Muti e io sono rimasto senza fiato. Ecco perché ci tenevo a diventare musica io stesso, a rendere omaggio a uno spazio che diventa una cattedrale».
Per realizzare e registrare la colonna sonora del movie è volato in Inghilterra, dove il direttore del Metropolitan Opera di New York Yannick Nézet-Séguin dirige anche la London Philarmonic Orchestra. «Per me Yannick – continua Cooper – resta uno dei più grandi direttori viventi e avevo bisogno di averlo accanto, di guardarlo in azione come se i movimenti non gli costassero alcuna fatica, mentre invece sono complicatissimi».
L’obiettivo? «Volevo fare in modo che lo spettatore avesse l’concept di guardare il concerto e crederci. Detesto le foto di backstage dei movie, per esempio quelle di Al Pacino nel Padrino, perché tolgono tutta la magia. Il cinema che piace a me invece è una scoperta continua».