One Second, in streaming su MYmovies una dichiarazione d

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Zhang Yimou è un nome conosciuto a molti cinefili, ma è difficile identificarlo con un titolo o un genere in particolare. L’immagine dell’autore caro ai pageant, al tempo di Lanterne rosse e del sodalizio con Gong Li, stride con quella del regista di blockbuster costruiti per affermare la grandeur dell’industria cinematografica cinese, come The Nice Wall con Matt Damon. Eppure Zhang è tutto questo, camaleontico e in qualche caso opportunista, autore di drammi intimisti e wuxia spettacolari (Hero), critico nei confronti del regime (Vivere!) ma in altre occasioni celebrativo (la regia delle Olimpiadi di Pechino). In questo senso One Second potrebbe davvero rappresentare il titolo attraverso cui leggere meglio la filmografia di Zhang e i suoi mille volti di cineasta. Perché One Second assomiglia a un film-mondo, una scheggia di cinema popolare d’altri tempi, quando ancora si poteva credere che solo la magia del cinematografo potesse unire carcerati e reietti, bulli e bullizzati, ricchi e poveri.

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Scritto da Zhang con Zou Jingzhi, adattando un romanzo di Yan Geling, One Second rappresenta un riavvicinamento del regista a temi e atmosfere affrontati all’inizio della carriera. Il contrasto tra individuo e collettività, tra spirito di corpo e imposizioni governative, tra compromesso e integrità si acuisce nella remota Cina rurale, a un passo dal deserto. Il movie si apre e si chiude tra stilizzate dune sabbiose, luogo ideale per ambientare un racconto che ha l’ambizione di racchiudere dentro di sé anime contrastanti della storia cinese. A guidare Zhang è un sincero amore per la settima arte, che guarda innanzitutto al nostro neorealismo, quello di De Sica e Rossellini: i due protagonisti sporchi e scarmigliati, il valore inestimabile attribuito a oggetti apparentemente ordinari – la lanterna di pellicola – sono solo una delle chiavi interpretative di un movie che ritorna sul tema scottante del lascito della rivoluzione culturale per produrre una parabola di redenzione. Come spesso accade con Zhang, il lato politico è ambiguamente in bilico tra velata dissidenza e ricomposizione morale, ma colpisce con inattesa sincerità l’omaggio al cinema del passato e alla sua smarrita forza di aggregazione.

Sentimentale senza mai essere retorico, il regista concentra in alcune scene – su tutte la meticolosa operazione di pulizia della pellicola del cinegiornale n.22, unica possibilità per il protagonista evaso di rivedere la figlia – il suo slancio romantico sulla capacità dell’arte di appianare le differenze sociali e superare le meschinità che accomunano i personaggi ritratti. La pellicola oggetto di sacrale cura è un movie del 1964 di Wu Zhaodi, noto internazionalmente come Heroic Sons and Daughters, e One Second lo richiama anche nell’intreccio, che sviluppa il tema della paternità perduta. Come esemplifica anche l’epilogo, il protagonista, aggrappato al fotogramma della figlia che non vedrà più, sembra cieco di fronte alla seconda possibilità offerta dalla giovane orfana Liu, che invece comprende la bontà d’animo dell’evaso e lo elegge implicitamente a figura paterna.

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Selezionato per il concorso della Berlinale, One Second è stato ritirato a pochi giorni dalla prima dal governo cinese. La motivazione ufficiale parla di “difficoltà tecniche durante la post-produzione”, ma è facile intuire una problematica politica al riguardo. Tuttavia Zhang ha avuto modo di rifarsi, aggiudicandosi un meritato premio per la migliore regia ai 15esimi Asian Movie Awards 2021, dove migliore attrice emergente è risultata anche Liu Haocun per il ruolo dell’orfana Liu. E questi sono solo alcuni dei molti motivi per vedere (o rivedere) One Second e preservare dall’estinzione un’concept di cinema come fulcro delle nostre esistenze.

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