Appino e l’errore che ci rende umani. ‘Humanize’ è il suo nuovo disco

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La prima indicazione è nel nome scelto per il titolo: l’humanize è una funzione dei software program con cui si crea musica e il suo scopo è quello di generare, per approssimarsi advert una esperienza d’ascolto “reale”, un errore costante. Da questa equazione non risolta tra umanità ed errore è partito Appino per il suo nuovo album solista, Humanize appunto. Appartiene alla categoria dei idea album ma l’ambizione estetica che lo muove è declinata sempre insieme a un’etica in minore: non creare l’Opera Immortale ma dare voce e suono a ciò che sfugge, a ciò che è messo da parte. Voce e suono all’incompiutezza. Gesto coraggioso in tempi musicali dove va per la maggiore l’obiettivo di fornire all’ascoltatore una bella patina luccicante e rassicurante.

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PHOTOGRAPHERHAL 

Muove invece dal conflitto Appino. Soprattutto da una continua giustapposizione tra le sue parole e quelle degli altri. Mette dentro le ventiquattro tracce del suo nuovo album inserti di interviste, voci fuori campo di persone che s’interrogano su cosa significhi essere-umani oggi. Una galleria di spaesamento che avvolge e orienta le sue canzoni, come sempre sospese tra rabbia e malinconia, tra l’evocazione del coraggio che serve per restare al mondo oggi e la voglia di abbandono. Del nostro avvenire, Metti questa al mio funerale, E’ solo una bomba, le prime tre canzoni di un disco che conferma il cantautore toscano fondatore degli Zen Circus come un musicista che ha realmente preso sul serio il concetto di indipendenza: dall’industria ma soprattutto dalle mode e dai tempi.

Un disco che non è prodotto in laboratorio, non si è formato solo in uno studio di registrazione. Negli ultimi mesi Appino è stato impegnato in un tour nell’altra Italia delle carceri, degli ospedali, delle scuole di provincia. Selezionando voci e soprattutto ascoltando. Alla ricerca di parole, sguardi e punti di vista in grado di far compiere alla propria musica un passo verso l’altro. Un metodo inusuale, addirittura sbagliato se paragonato alle strade canoniche con cui oggi si realizza un disco. Ma un metodo efficace se si vuole mettere al centro del proprio essere artista ciò che può profondamente creare empatia. Ovvero l’errore, la consapevolezza che è nel timore di “sbagliare” quel terreno comune che, riportandoci alla nostra umanità, ci unisce in uno spazio comune.

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