Inexperienced Day: “Teniamoci stretti, perché il sogno americano è diventato un incubo”

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“Il sogno americano è diventato un incubo”. Nel nuovo album Saviors, in uscita il 19 gennaio, i Inexperienced Day approfondiscono il tema della crisi del modello economico a stelle e strisce già scandagliato con i loro due album American Fool del 2004 e 21st Century Breakdown del 2009. Quasi una trilogia, a questo punto, e per il nuovo capitolo il frontman Billie Joe Armstrong e i suoi due sodali, il batterista Tré Cool e il bassista Mike Dirnt, ritrovano il loro produttore storico, Rob Cavallo.

Per annunciare l’album, la band il 7 novembre ha tenuto un concerto ai Magazzini Generali di Milano, e sul finale Billie Joe ha indossato una maglietta della nazionale di calcio italiana con, sulle spalle, il suo nome e l’anno di nascita, il 72. La prossima property, il 16 giugno, i Inexperienced Day saranno sul palco degli I-DAYS di Milano, all’Ippodromo Snai Lamaura di fronte a 80 mila spettatori.

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L’album si apre con la canzone “The American Dream is Killing Me”, perché il sogno americano vi sta uccidendo?

Billie Joe Armstrong: “Per tanta gente il sogno americano è diventato un incubo. La canzone parla di un’America divisa tra chi detiene la proprietà privata e il resto della popolazione oppressa dai debiti e spaventata dalla situazione economica, e i cui diritti vengono calpestati. È una metafora di come negli Stati Uniti la situazione sia ben diversa oggi rispetto agli anni Cinquanta, quando a tutti sembrava di vivere un sogno condiviso, con la famiglia nucleare, un bel lavoro, la mamma sorridente a fare i lavori di casa, are available in un quadro di Norman Rockwell. Quell’concept oggi è morta, basta vedere la diffusione del Fentanyl e quanta gente oggi sia senza casa, non riesca a pagare gli affitti o le bollette, visto il costo della vita schizzato alle stelle”.

Tré Cool: “Vorrei spiegarla con un esempio: se vai in cima alle montagne trovi spazzatura, se vai in fondo al mare trovi spazzatura, se vai in cielo c’è spazzatura e quella sporcizia ha un solo nome: proprietà privata”.

Visto in prospettiva, si può considerare Saviors come il terzo capitolo di una trilogia iniziata con American Fool e continuata con twenty first Century Breackdown?

Billie Joe Armstrong: “Può essere visto così, anche perché ci siamo ritrovati con vecchi amici, a cominciare da Rob Cavallo che aveva prodotto America Fool. Credo però che sia essenzialmente il disco che volevamo fare e che sia il ponte ideale e necessario tra un disco come Dookie (il loro primo successo firmato Cavallo, n.d.r.) e uno come American Fool”.

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Nel brano intitolato Dilemma lei canta: “Ero sobrio ma ora sono di nuovo ubriaco”, è una frase autobiografica?

Billie Joe Armstrong: “È una canzone che ha molto più a che fare con la salute mentale, di cui oggi si parla molto di più rispetto ai temi legati al rehab. E, del resto, a chi manifestava qualche problema dicevano che il disagio period nella sua testa, io credo che sia proprio così. Cose come abusi, solitudine e lotta contro i tuoi demoni”.

È riuscito a combattere i suoi demoni?

Billie Joe Armstrong: “Questa mattina ci sono riuscito, speriamo che io ci riesca anche domani mattina”.

A chi si riferisce il titolo Saviors? Chi sono i salvatori?

Billie Joe Armstrong: “Non credo siano dei salvatori che arrivano, forse più che un solo salvatore che ha le risposte per tutti qui parliamo della gente che finalmente riesce a mettersi assieme e ad aiutarsi l’un l’altro. Saviors è anche la prima canzone che ho scritto durante la pandemia, nel periodo in cui ci siamo sentiti tutti disperati e il nostro primo pensiero period di capire quando saremmo tornati a parlarci e a incontrarci di nuovo”.

Qual è la situazione in America oggi?

Billie Joe Armstrong: “Penso che la popolazione americana sia più divisa che mai, e che si schieri molto più di prima. I social media non aiutano, gli algoritmi tendono a dividere ancora di più la gente, Personalmente cerco di non postare molto su Instagram e specialmente di non schierarmi su cose politiche, semplicemente perché non voglio che le mie opinioni si trasformino nella propaganda di qualcun altro. In America c’è troppa ignoranza anche solo per gestire una domanda che ti fai sui social”.

Quale musica vi ha influenzato nel periodo in cui avete scritto e registrato il disco?

Billie Joe Armstrong: “Per la verità abbiamo ascoltato molta musica dei Inexperienced Day”.

Mike Dirnt: “Abbiamo registrato il disco in Inghilterra, dove abbiamo ascoltato anche Brit pop e il punk rock degli anni 70 e 80, la musica di band come Unhealthy Manners e Speedway, ma abbiamo cercato di fare il meglio che potevamo”.

Come ci si sente a fare musica rock oggi, a 60 anni dalla sua nascita?

Billie Joe: “Non ci fa paura il tempo che passa, se nella musica hai qualcosa da dire torni immediatamente giovane”.

Si sente molto in questo disco la mano del vostro produttore storico Rob Cavallo.

Tré Cool: “La verità è che Billy lo aveva chiamato solo per un saluto. È stato Rob a dirgli a bruciapelo: ‘Siete pronti a tornare in studio per cambiare il rock, insieme a me, un’altra volta?’. Rob ha senz’altro portato nel disco la sua grande energia. Quando abbiamo finito di registrare Saviors avevamo la sensazione di avere tra le mani qualcosa che non vedevamo l’ora di far ascoltare, come una tigre chiusa in gabbia piena di adrenalina”.

Il prossimo anno il 16 giugno sarete in concerto agli I-Days di Milano ma prima, l’8 giugno, sarete in Germania al pageant Rock Am Ring dove dividerete il cartellone con i Måneskin, cosa ne pensate?

Tré Cool: “I Måneskin diventeranno senz’altro la più grande rock band italiana di tutti i tempi, si vede che sono molto amici e che hanno una bella fan base”.

Billie Joe Armostrong: “E’ bello vedere che l’Italia diventa rock’n’roll, che ora capiscono il rock e che una band italiana lo suona al meglio”.

Avete ascoltato il ritorno dei Beatles con Now and Then?

Billie Joe Armstrong: “I Beatles sono sempre stati avanti agli altri in termini di innovazione, anche tecnologica, nella musica. Si sono confermati innovatori anche stavolta per aver utilizzato la voce di John Lennon per una nuova canzone, innovatori come ai tempi in cui inventavano le magie in studio di registrazione. At times non è solo una canzone, è la dimostrazione che dopo 40 anni i Beatles riescono ancora a stupire”.

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