Pupi Avati: “Il movie ‘Regalo di Natale’ l’ho scritto una sera dopo aver ecceduto con l’alcol”

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VENEZIAPupi Avati ha 85 anni di vita e 56 di carriera. Domani chiude la Mostra del cinema di Venezia con il suo ultimo movie L’orto americano, un ritorno al cinema gotico dell’inizio della sua carriera con protagonista Filippo Scotti. Oggi è stato protagonista di una masterclass in cui ha ripercorso i suoi tanti anni di cinema. “Questo mio movie è il movie della Mostra che è costato meno solo 3.2 milioni, il più economico di tutti. È questo il modo più bello perché con poche persone, uno spogliatoio unito, la macchina da presa vicino, hai l’concept di sfidare il mondo”.


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Il movie riprende il genere orrorifico a cui Avati è legato dall’inizio della sua carriera. “Io sono convinto che un essere umano si forma nei primissimi anni della sua vita – ha raccontato – io sono cresciuto in una civiltà contadina che si fondava su due strumenti didattici: la favola, che period un deterrente per tener buoni i bambini, per spaventarci e la religiosità preconciliare che period terrorizzante. Quando il parroco saliva sul pulpito e parlava di diavolo, inferno e peccato con una competenza dantesca ci terrorizzava. La paura è un elemento che implementa la fantasia». Avati ha poi aggiunto: “Quando una persona è spaventata è più presente a sé stessa. Tutto nasce dal rapporto con la morte, oggi se ne parla poco, io sono stato educato da una nonna e un madre che avevano un rapporto coi defunti molto intenso. Quando prospettava la sua morte mio nonno aveva il problema di scegliere il cimitero e con me vagava are available in cerca di una villetta al mare da affittare e chiedeva a me bambino qual period il migliore posto per il loculo – ricorda il regista – Mia zia Lina trovava che tutte le lapidi del cimitero di San Leo fossero orrende e quindi si fece fare una lapide grande, con una foto fuori misura, e fece scrivere lei stessa ‘non ti dimenticheremo mai’ cominciando a portarci i fiori da viva. Nella mia famiglia erano tutti un po’ matti, ma period una follia bella. Che mi ha passato la convinzione che il cinema ti dà l’opportunità di credere all’inverosimile”.

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Se gli si chiede come nascono le idee per i libri o i movie che scrive, Avati spiega che “come diceva Buddha l’origine delle cose non si percepisce mai”. E racconta come nacque Regalo di Natale che è stato uno dei suoi maggiori successi. “È un movie sul poker che mi ha dato enormi soddisfazioni. L’concept venne una sera a Trieste, ricordo di aver ecceduto con il livello alcolico, ero con degli esercenti e tra loro c’period una donna bellissima con un cerotto sul naso, un po’ come Nicholson nel movie di Polanski (Chinatown, ndr.). Io arrivo in albergo un po’ alterato e scrivo quattro parole: partita a poker con una donna col cerotto sul naso. Poi nel movie lei non c’è perché le strade della creazione sono misteriose. Una cosa molto bella che cube il poeta americano Robert Frost è che la poesia si fa da sé e io molto di quello che scrivo se le rileggo tempo dopo non mi sembra più mio”.

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La casa dalla finestre che ridono è il suo quinto movie, il primo che ebbe successo. “Nacque da un momento tragico. Dopo aver realizzato i miei primi movie con cui feci perdere molti soldi agli esercenti: Balsamus, l’uomo di Satana (1968), Thomas e gli indemoniati (1970) mi trasferii a Roma. Per quattro anni rimasi senza lavoro poi realizzammo il movie Bordella, satirico e grottesco, di una comicità surreale, questo movie venne sequestrato, solo dopo però aver incassato un sacco di soldi. Period l’epoca in cui si sequestravano i movie e noi facevamo le fiaccolate sotto il Ministero, io che avevo partecipato a tutte le fiaccolate per i movie sequestrati: Ultimo tango di Bertolucci, Portiere di notte di Liliana Cavani con Volonté che marciava davanti a tutti, pensavo adesso andremo a protestare ma sotto il Ministero c’ero solo io… Gigi Proietti, Christian De Sica, Maurizio Costanzo, mio fratello Antonio e io veniamo condannati tutti: un anno e nove mesi, il nostro avvocato sparisce e al ritorno da quel viaggio doloroso, in macchina da Latina con mio fratello e il produttore Gianni Minervini, proposi di reagire. Di fare il movie più economico possibile, andammo dai fratelli Cicogna e proponemmo una storia che avevo scritto: la favola del prete donna sepolto nel cimitero di San Leo. Costò 150 milioni, lo facemmo in dodici persone, ognuno faceva due o tre cose numerous, mio fratello Antonio dipinse le famose bocche ed è un movie che dopo tanti anni è ancora visto oggi, un movie miracoloso. Nella vita i miei movie di recupero, venuti dopo quelli con finances più alto, sono quelli che sono andati meglio. Fare un cinema economico è la cosa più bella. Niente burocrazia da grande produzione, dove anche solo cambiare la cravatta a un attore diventa un problema”.

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Filippo Scotti ne ‘L’orto americano’ 

E per il cinema italiano ha un consiglio: “Non disdegnare i generi, oggi ogni regista fa il movie di se stesso. Sorrentino fa i movie di Sorrentino, Garrone fa i movie di Garrone e Moretti quelli di Moretti. Ma la gente vuole la commedia per ridere, il dramma per commuoversi e il thriller per spaventarsi. Emozioni primarie per un racconto popolare”.

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