Ethan Hawke: “A Venezia con ‘L’attimo fuggente’ abbiamo vissuto l’incantesimo. Devo occuparmi dei miei figli, ma voglio essere un cineasta pronto a vendere casa per il movie del cuore”

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VENEZIA – “Avevo 18 anni quando venni qui la prima volta, Venezia per me significa L’attimo fuggente. Fu un’esperienza incredibile, si sentiva la risposta e l’incantesimo che il movie aveva fatto al pubblico, Peter Weir period ed è ancora oggi uno dei veri pochi artigiani e maestri: imparare da lui è stato una grande lezione: a noi esordienti ha insegnato cosa è l’immaginazione collettiva, un sentimento molto potente, come una droga perché non ti fa sentire solo. Dopo aver lasciato Venezia sapevo che avrei voluto farlo ancora e ancora”. Ethan Hawke è alla Mostra del cinema per introdurre il regista de L’attimo fuggente e The Truman present che ha ricevuto il Leone d’oro alla carriera, ma si è concesso per una masterclass affollata di giovani spettatori.

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Più di novanta movie da attore (la trilogia di Richard Linklater iniziato con Prima dell’alba e Coaching day), regista, scrittore, produttore, Ethan Hawke ha iniziato giovanissimo con River Phoenix e il maestro dell’horror Joe Dante. “Quando sei giovane e ti parlano dell’educazione alzi lo sguardo al cielo, a sedici anni credi di sapere tutto a trenta sai di non sapere niente – ha raccontato – Joe Dante è stata un insegnante incredibile, per lui non esiste cultura alta e bassa, ama allo stesso modo il cinema, i fumetti, romanzi pulp. Crescendo con lui ho imparato che l’horror poteva essere una metafora per la guerra in Vietnam, ci faceva vedere movie e ci spiegava come erano fatti, ha cambiato il nostro sguardo di vedere cinema. Allo stesso tempo però ci ha insegnato che un movie horror doveva fare dannatamente paura se no la metafora non aveva nessuna importanza”.

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(reuters)

Se Weir e Dante sono stati dei maestri è con il regista Richard Linklater, che Ethan Hawke ha costruito una relazione professionale basata sull’amicizia che lo ha scelto per interpretare la trilogia di Prima dell’alba, Earlier than Sundown – Prima del tramonto, Earlier than Midnight e il movie realizzato in dodici anni Boyhood. “Con lui ho capito la superficialità del successo e questo ti aiuta a non considerare l’insuccesso come una tragedia”, cube Hawke. L’incontro è stata anche l’occasione per parlare di Blue Moon, l’ultimo progetto “dopo nove o dieci movie, dipende come li si calcola”. “Richard mi ha inviato la sceneggiatura 12 anni fa, la produzione è terminata prima del mio arrivo a Venezia”. Il movie racconta gli ultimi giorni del musicista americano Lorenz Hart, che faceva parte del duo di autori di canzonì Rodgers & Hart. “È il progetto più difficile a cui abbia mai lavorato in vita mia”, ammette.

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(ansa)

Hawke ha anche spiegato qual è il senso per lui del cinema indipendente. “Se vai a vedere Harry Potter o Star wars, movie che amo e che ho visto e rivisto, quando ne esci sei deluso di non essere un mago o un maestro jedi. Alla high-quality di un movie di Linklater tu ti senti parte di quella magia, perché racconta la vita. Non devi camminare sull’acqua, devi camminare sulla terra e già quello è un miracolo”.

A chi gli domanda se crede nei progetti passionali quelli per cui i registi sono pronti a metterci decenni, a impegnarsi economicamente in prima persona Hawke non ha dubbi: “Io amo l’thought che Coppola abbia venduto i vigneti per fare il suo movie. Cerchi di trovare un equilibrio tra essere un professionista oculato e mantenere alta la tua passione. Fai quello che ami e altri pagano per vederlo, è un lusso incredibile ma devi a queste persone l’impegno e tenere vivo il bambino che è in te, occorre tenere vivo il sogno di fare qualcosa di magnifico, è difficile perché l’industria è creata per fare soldi. Devo occuparmi dei miei figli e della loro assicurazione sanitaria ma voglio essere un cineasta pronto a vendere la propria casa per fare il movie del cuore”.

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