Sergio Rubini e il suo ‘Leopardi’: “Parlava agli uomini del futuro, oggi è più che mai contemporaneo”

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Sergio Rubini ha tolto la gobba a Leopardi. Il regista accompagna la miniserie Leopardi – Il poeta dell’infinito, alla Mostra di Venezia, un evento speciale Rai, accompagnata dagli attori, l’ottimo Leonardo Maltese, Cristiano Caccamo, Giusy Buscemi. Valentina Cervi e Alessio Boni sono i genitori del poeta di Recanati .”Più che il racconto pedissequo della vita di Leopardi, mi sembrava importante raccontare la sua concept, il suo sguardo sul mondo. Questa è la sua parte più preziosa, non certamente l’aspetto fisico, o l’anno in cui è stato a Pisa o quello in cui è arrivato a Napoli. Fin dall’inizio ho pensato che la gioia più grande sarebbe stata riuscire a trasmettere il pensiero leopardiano”.

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(fotogramma)

Un inizio lontano nel tempo.

“Venticinque anni fa, alla nice di una cena, il mio produttore Beppe Caschetto chiede che progetto, da attore, avrei voluto fare per la television. Dissi Leopardi. Con Domenico Starnone mettemmo su un gruppo di scrittura, le prime due puntate. Ma la Rai non period ancora pronta per la vita di quello che, giustamente, Starnone definiva non solo un poeta ma un intellettuale. Perdemmo del tempo. La Rai di allora si preoccupava più che altro di ciò che, in contemporanea a Leopardi, avrebbe messo in onda Canale 5. Il progetto naufragò. Ma negli anni sono rimasto affezionato e, dopo l’esito felice dei Fratelli De Filippo, è stato possibile riproporre questa avventura. La Rai di oggi si è dimostrata molto più sensibile”.

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Com’è il suo Leopardi?

“Un artista e un intellettuale incompreso ai suoi contemporanei: parlava come lui stesso supponeva agli uomini del futuro. Noi siamo il futuro di Leopardi e penso che il pensiero leopardiano sia oggi più che mai contemporaneo. Perciò mi sembrava giusto raccontare un Leopardi pop, inserito nella contemporaneità, senza gobba. Mi sembrava più interessante parlare della morfologia del pensiero leopardiano piuttosto che della morfologia del suo corpo. Quindi non il poeta depresso, infelice. Abbiamo cercato un respiro più ampio al suo pensiero, raccontando spunti meno noti, il Leopardi comico, quello delle Operette morali, l’appassionato alla bellezza. Un uomo certamente pessimista, ma perché dotato e animato da un fortissimo vitalismo. Un pessimismo leopardiano più che altro frutto della sua voglia di rivincita, a tutti i costi”.

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Il suo rapporto personale con Leopardi?

“Leopardi è nel nostro Dna per quel che si impara sui banchi di scuola. Riscoprirlo da adulto è stata una grande sorpresa, ho compreso che dietro quella figurina che ci period stata venduta a scuola si nascondeva un personaggio molto più complesso, che è stato perennemente tirato per la giacchetta da tutti i fronti: lo hanno fatto diventare un poeta risorgimentale, un nichilista, poi un emblema del patriottismo, poi di sinistra, di destra, hanno detto che in punto di morte si è convertito. La sua personalità period così complessa da prestarsi a diventare il simbolo di qualsiasi parrocchia. Questo aspetto multiforme mi ha affascinato. Penso al suo sospetto, vissuto all’inizio dell’Ottocento, per la società delle macchine: e vediamo ciò che avviene oggi con l’intelligenza artificiale. Leopardi viveva con un piede nel passato perché vi trovava sempre al centro l’uomo. La più grande preoccupazione di Leopardi è sempre stata il singolo felice, ne ha parlato prima del ‘900, quando il tema sono diventate le masse. Non riusciva a immaginare masse cinici che non partissero da singoli felici. E questo mette in campo il tema, attuale, di un umanesimo di cui abbiamo soprattutto bisogno in questo momento in cui a tecnologia rischia di fagocitarci”.

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Con Mario Martone avete fatto a breve distanza due movie, sulla famiglia Scarpetta/De Filippo, poi Leopardi, il movie e la serie.

“Martone ha fatto un movie su Scarpetta, io sui De Filippo: è sempre stata la mia fissazione quella di raccontare la storia dei tre fratelli, non del loro padre illegittimo. E conto di poter continuare a raccontare la storia del trio che ha cambiato la storia del teatro in Italia. Per quanto riguarda Leopardi, penso che sia una figura che possa davvero essere raccontata con sguardi diversi. Leopardi e la sua gobba sono tutt’uno nella storia del nostro Paese. Raccontarlo senza gobba è come mettere in scena la grotta di Natale senza il bue e l’asinello. Noi volevamo una storia e uno sguardo diversi. E sono orgoglioso che i produttori e la Rai abbiano creduto così tanto nel progetto”.

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(ansa)

Come diceva, un Leopardi non incasellabile politicamente?

“Nasce come un poeta patriottico, scrive all’Italia e scrive una poesia fortemente patriottica. Poi nel tempo prende le distanze dai circoli progressisti, e sembra che in qualche modo nutra anche dei sospetti nei confronti della politica. Ma perché, lo ripeto, il suo desiderio period sempre quello di mettere al centro in primo luogo l’uomo, la sua umanità e quindi è difficile per un personaggio del genere poi riuscire a entrare all’interno di circoli di conventicole. È un personaggio sempre al di sopra delle parti. Ecco perché il suo pensiero politico ci nutre ancora, soprattutto oggi”.

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(ansa)

Un prodotto destinato a un pubblico di ragazzi.

“È il mio primo obiettivo. Io non ero specializzato in biopic, mi è capitato di raccontare i De Filippo perché ne ero stato folgorato, e volevo regalare la stessa sorpresa al pubblico. E così avviene per Leopardi. Ho voluto fortemente fare questa cosa con la Rai, per la televisione. Ho lavorato al cinema per tanti anni, un tempo quando non si faceva una cosa fatta bene dicevano ‘ma che stai facendo la televisione?’, veniva ritenuta come qualcosa di minore. Negli ultimi anni è in corso una rivoluzione, la television cambia il linguaggio e deve stare al passo col cinema, il l cinema passa tantissimo anche in televisione. A volte persino nel mio gruppo c’period qualche luogo comune rispetto alla complessità, ‘vabbè ma stiamo facendo una cosa per la television’. Io non penso che quelli di Netflix quando fanno le loro cose dicano vabbè, ma stiamo facendo una cosa di Netflix. Penso che noi autori dobbiamo puntare anche sul patrimonio della nostra televisione di Stato, perché viviamo in un’epoca globale e dobbiamo mescolarci con gli altri, ma difendere anche la nostra identità. Questo senza nessun populismo patriottismo, in modo laico”.

La sorpresa più grande nel pensiero leopardiano?

“Il Leopardi comico, kafkiano. Scoprire che cento anni prima di Kafka o di La noia, già parlasse della noia di vivere. Che pochi anni dopo l’Illuminismo, fosse già così concentrato a parlare dell’essere umano in una dimensione esistenzialista, introducendo temi nuovi per l’epoca. E sono orgoglioso di aver fatto una colonna sonora di musica classica, che solitamente viene ritenuta diciamo di nicchia. Rendere pop un materiale prezioso ma considerato per palati raffinati, Noi vogliamo arrivare il più possibile delle maglie più profonde della società e a qualsiasi strato sociale, ai ragazzi, alla gente normale, alla gente che vede la television”.

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