Nanni Moretti: “Ho cambiato thought su Ecce bombo. Un onore aver raccontato una generazione”

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Ecce bombo un movie generazionale. Anche secondo Nanni Moretti che, a 46 anni da quel movie, accetta finalmente la definizione e anzi si cube onorato. Pellicola cult con frasi diventate tormentone come “Vedo, giro, faccio cose, mi muovo, conosco” che sarà presentata alla Mostra del cinema di Venezia in versione restaurata dal Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale a partire dai negativi scena e colonna messi a disposizione dalla Sacher Movie alla presenza dello stesso regista.


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“Fin dai miei esordi è stato detto che io avrei raccontato con i miei movie un’intera generazione. In quegli anni ero insofferente a questa lettura, che ritenevo troppo sociologica e poco attenta al come i miei movie venivano realizzati. In poche parole, mi sentivo trascurato come regista e invece considerato una specie di portabandiera dei giovani. Bene, ho cambiato thought. Se davvero con i miei movie sono riuscito a raccontare una generazione, i suoi desideri, i suoi inciampi e le sue paure, beh, considero questo fatto una fortuna, un privilegio e un onore” ha detto il regista e in uno scritto pubblicato per il file del Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale.

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Nel movie, ricorda Moretti, “c’è la parodia di un’esperienza che avevo fatto nel 1974: un piccolo gruppo di autocoscienza maschile (all’epoca non li faceva nessuno). Eravamo cinque e avevamo in comune tre cose. Uno: avevamo fatto politica nei gruppi della sinistra extraparlamentare. Due: avevamo smesso di fare politica, delusi da quell’esperienza. Tre: avevamo relazioni sentimentali con femministe. Quelle nostre riunioni durarono pochi mesi. Mentre scrivevo e giravo il movie, ero consapevole di raccontare una piccolissima porzione di giovani, sapevo che i personaggi e l’ambiente che mettevo in scena erano una parte di realtà molto piccola e circoscritta. Il movie inaspettatamente ebbe successo e ci fu una corsa all’immedesimazione con i personaggi e il clima di Ecce Bombo. Il movie piacque anche a spettatori molto lontani dai personaggi: spettatori diversi per estrazione sociale, età, anche idee politiche”. Moretti chiarisce che “assolutamente non mi preoccupava la possibilità che un movie ironico e critico sulla sinistra potesse essere strumentalizzato dalla destra: fin dai miei primi cortometraggi in super8 ero per ‘lavare i panni sporchi’ in pubblico, non in famiglia. Sono stato sempre contrario alla politica stalinista della doppia verità, e cioè che tra di noi, in privato, ci diciamo le cose che non vanno e poi in pubblico invece dobbiamo apparire monolitici”.

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L’opera seconda del venticinquenne Moretti racconta l’amicizia tra Michele, nevrotico, scontroso, assolutista (lo stesso regista) Goffredo, svogliato studente universitario, Mirko, angosciato dal futuro della società e Vito, pigro impiegato e la fidanzata, Silvia. Il gruppo di amici vive a Roma alla ricerca di una posizione all’interno del mondo che li faccia sentire adeguati e quanto meno sereni. Per Ecce Bombo Moretti non fece nessun provino: “Non li avevo mai fatti, period tutto nuovo per me, non avevo thought di quanto potessero essere utili. E poi mi imbarazzavo all’thought di fare un esame agli attori (dal movie successivo ho cominciato a fare provini e non ho più smesso). Gli agenti cinematografici giravano con degli album con grandi foto in bianco e nero 18×24, le facce che mi sembravano più interessanti le incontravo. Un giorno andai a trovare il mio amico regista Peter Del Monte e gli feci vedere un pò di queste foto. Dentro di me avevo già scelto l’attrice che avrebbe interpretato ‘giro, vedo gente, mi muovo, conosco…’, ma lui, appena vide la foto di Cristina Manni disse: ‘Lei è una faccia giusta per un tuo movie!’.

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“Io allora cambiai thought e presi lei. E fu una fortuna per me e per quel personaggio, perché lei si rivelò bravissima e molto giusta per quel ruolo. Peter Del Monte mi suggerì anche con decisione di girare con il suono in presa diretta, nonostante in Italia ci fosse da decenni l’abitudine di doppiare sempre i movie. Mi piaceva molto l’uso – allora avrei detto: brechtiano e non naturalistico – della macchina da presa fissa che utilizzavano i fratelli Taviani. E così sul set, rigidamente ed esageratamente, vietavo all’operatore zoom, panoramiche o anche piccoli aggiustamenti di macchina. Mi pare che in tutto il movie ci siano solo due movimenti, due carrelli indietro. Mentre giravamo, Lina Sastri – che interpretava una ragazza schizofrenica – mi chiedeva spiegazioni sul suo personaggio, sul perché stava male, cosa le period successo prima di ammalarsi, prima della storia che il movie racconta… Io le dicevo di non preoccuparsi assolutamente di quegli aspetti e di limitarsi a recitare i dialoghi, e i silenzi, nel modo che a me sembrava più giusto. Oggi, dopo tanto tempo, penso di essere un po’ più vicino alle fragilità e alla sensibilità degli attori”.

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