Roland Emmerich, dopo i movie catastrofici una serie su Roma antica. “Il fascino dello star system è nato con i gladiatori”

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Le corse al Circo Massimo, la costruzione del Colosseo, la vita impossibile degli schiavi, fatti combattere per intrattenere i cittadini di una Roma attraversata da lotte di potere, per la sopravvivenza, di corruzione. C’è tutto questo nella serie peplum del regista dei “catastrophe film” Roland Emmerich ambientata all’epoca dell’imperatore Vespasiano, interpretato da un sempre carismatico Anthony Hopkins.


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Girata in buona parte a Cinecittà These about to die ha per protagonista il capo della dinastia Flavia, affiancato nella serie da Tom Hughes in quelli del figlio maggiore ed erede Tito Flaviano; Jojo Macari è l’ambizioso figlio minore Domiziano, rivale di Tito per il trono, ma ci sono anche le attrici italiane Gabriella Pession, ovvero Antonia, astuta politica e spietata patrizia e Romana Maggiora Vergano. Al centro della storia ci sono i gladiatori, gli aurighi e il mondo dei giochi cruenti dell’antica Roma, tra avidità, lotte di potere e corruzione.

These about to die, Anthony Hopkins è l’imperatore Vespasiano nella serie peplum di Emmerich

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Cosa le è piaciuto del fatto di girare un peplum?

“Sono sempre stato affascinato dalla città di Roma, dall’antica Roma. Dal fatto che fosse composta per un terzo di schiavi, appena più di un terzo di cittadini e un terzo da persone che venivano da fuori. Period una città molto spietata, period duro viverci, period praticamente impossibile starci se non avevi del denaro. Ma la cosa più interessante è il fatto che l’unica occupazione dei cittadini fossero i giochi, perché tutto il resto period fatto dagli schiavi e stiamo parlando di trecentomila persone la cui unica attività erano le scommesse e partecipare alle corse, ai combattimenti. Tra gli aurighi c’erano le star e pure tra i gladiatori, una sorta di star system. Mi interessava raccontare quel mondo”.

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È partito dal libro dello storico Mannix, lo stesso che ha ispirato ‘Il gladiatore’.

“Sì ma si è trattato puramente di uno spunto di ispirazione perché ci interessava raccontare il caos che regnava in città all’epoca. Nerone, ultimo imperatore della dinastia Giulia, si period suicidato e ne period conseguita una lotta tra i quattro suoi generali creando quella che viene poi chiamata l’period dei quattro Imperatori. Vespasiano, che period un uomo molto intelligente, ha aspettato che gli altri si facessero la guerra e poi ha prevalso, è stato un buon imperatore. Se Nerone aveva costruito la Domus Aurea lui decise di costruire il Colosseo, un teatro vuoto dal quale è nata l’concept stessa della competizione in città”.

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Girare a Cinecittà: professional e contro?

“Solo professional, veramente. Innanzitutto per le straordinarie maestranze, il livello è molto alto, abbiamo lavorato benissimo. E il fatto che si girino tanti movie e tante serie lì fa sì che sappiano esattamente cosa fare. Inoltre, anche il vantaggio a livello di tassazione è stato molto buono per noi. I teatri esterni di Cinecittà per noi sono stati un grandissimo vantaggio, li abbiamo usati moltissimo”.

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Lei è conosciuto nel mondo per i suoi movie catastrofici (da Independence day a The day after tomorrow) ma anche per essere stato uno dei primi registi a lanciare l’allarme sull’ambiente. Da quando ha iniziato advert affrontare questi temi come sono cambiate le cose?

“Non molto. Odio dirlo ma è così. Quando segui le information, quando leggi i giornali ti rendi conto quanto poco è fatto concretamente per il cambiamento climatico. Il pianeta non fa che diventare sempre più caldo e nel giro di pochi anni ci saranno delle parti della terra che non saranno più vivibili con la conseguenza che centinaia di migliaia di persone devono emigrare. Sembra che nessuno veda questo, ma succederà”.

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Sta seguendo la campagna presidenziale americana? Cosa pensa di Joe Biden?

“È un uomo vecchio. Questo è il problema. Non è più appassionato come period un tempo e sta diventando sempre più rigido, sempre più lento. Io sono convinto che dovrebbe lasciare il posto a qualcuno più giovane, ci sono tante persone di talento nel suo partito. Anche perché altrimenti la mia sensazione è che vincerà Trump. E sarebbe un vero disastro”.

Sta ancora lavorando al reboot di Stargate?

“No ho rinunciato. Mi sono detto perché devo mettermi su qualcosa che ho già trattato trent’anni fa? Voglio fare cose nuove. In questo momento sto lavorando a una serie television su Lawrence d’Arabia che secondo me ha una grande valenza oggi perché da lì nasce il grande caos attuale in Medio Oriente”.

È vero che ha deciso di diventare regista dopo aver visto il primo movie di Guerre stellari?

“No, non è andata così. Innanzitutto perché io non volevo diventare un regista, volevo essere uno scenografo. E poi ho realizzato un movie come tesi della scuola di cinema a Monaco, un movie per il quale ho raccolto un sacco di soldi, un finances assurdo con tutta una serie di problemi che non sto qui a raccontarvi. Si intitolava Il principio dell’arca di Noé, period una storia di fantascienza. Che è finito in concorso a Berlino. È stata una cosa veramente cool (experience) e improvvisamente ero un regista. Non ho mai dovuto chiedere a nessuno di farmi lavorare, questo è senza ombra di dubbio il mio più grande risultato, la cosa di cui vado più fiero”.

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