Ladj Ly, dopo ‘I miserabili’ arriva al cinema ‘Gli indesiderabili’. Il regista: “Basta con i politici d’élite, serve chi conosca i problemi delle periferie”

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Dopo il notevole I miserabili – che raccontava la guerra quotidiana ma dichiarata tra le banlieue extracomunitarie e le forze di polizia, acclamato nel mondo, vincitore dell’Efa per la sceneggiatura, candidato all’Oscar per la Francia nel 2020, Ladj Ly consegna alla sala (con Fortunate Crimson l’11 luglio) – il secondo capitolo di una trilogia, ovvero Gli indesiderabili


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Abbiamo incontrato il regista francese, genitori maliani, insieme al suo attore Alexis Manenti (“lavoriamo insieme da vent’anni”), prima delle elezioni in Francia. Non ha voluto aggiungere commenti in seguito all’esito, ma le convinzioni di Ly sono solidamente affidate ai suoi movie. Sebbene meno efficace del primo, Gli indesiderabili è un altro ritratto incendiario, personale e politico di una comunità che lotta per trovare un modo e un luogo a cui appartenere.

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A differenza di I miserabili, ambientato a Montfermeil, dipartimento Seine-Saint- Denis dove Ly è cresciuto, si svolge in un quartiere fittizio, simbolo dei tanti luoghi, in Francia e in Europa, in cui l’emergenza abitativa diventa polveriera sociale. Habi è una giovane donna che vive nel Bâtiment 5, l’edificio 5, affollato palazzone della periferia parigina, lavora per un’associazione che aiuta famiglie in difficoltà e i nuovi migranti, portando le loro istanze alle istituzioni. Quando il sindaco muore improvvisamente, un pediatra Pierre Forges, viene nominato al suo posto. L’uomo, interpretato da Alexis Manenti, vuole riqualificare il quartiere a modo suo, risponde alle provocazioni con la repressione. Haby si impegna in una battaglia per evitare l’abbattimento dell’edificio 5, rifiutando sia la logica del conflitto violento, quanto un’inerzia rassegnata. Quando il sindaco le chiede della sua identità, risponde: “Sono una francese di oggi”.

Come nasce l’concept di Gli indesiderabili?

“Dopo il successo di Les Misérables la sfida period fare un nuovo movie che toccasse le persone con la stessa forza. Mentre scrivevo il primo movie sapevo che ci sarebbero state tre parti various. Sono partito dal principio che volevo raccontare la mia storia, ma anche la storia di questi quartieri negli ultimi 30 anni e fare un’osservazione. Sapevamo che period difficile farlo in un solo appuntamento, così abbiamo individuato tre temi, che il secondo movie avrebbe parlato di alloggi poveri e un terzo movie, ambientato negli anni Novanta, su un tema che non posso rivelare. Vedremo come sarà accolto Gli Indesiderabili. La cosa più difficile è stata anche rifiutare tutte le offerte che potremmo aver avuto dopo il clamore Les Misérables”.

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Il suo è un cinema sociale, questo secondo movie ha una caratteristica di militanza forte. Il cinema è strumento politico?

“Lo spero. Credo di sì. Lo abbiamo visto con Les Misérables, un’opera prima he ha animato parecchio Il dibattito in Francia e ha fatto parlare di sé all’estero. La gente si è resa conto delle difficoltà che possiamo avere in questi quartieri. I politici si sono interessati all’argomento, hanno fatto promesse, che non sono state mantenute ancora una volta. Ma riteniamo che abbia spostato qualche posizione, su piccola scala. Oggi abbiamo più diversità nel cinema, abbiamo più movie “di quartiere”. Sappiamo quanto la crisi abitativa sia una questione che rischia di esplodere nei prossimi anni, è un tema che riguarda non solo le periferie, ma tutta la Francia, l’Europa, il mondo. Avendo viaggiato un po’, ci rendiamo conto di questo problema. Affrontiamo un argomento universale”.

Il movie affronta la crisi dei politici, nel rapporto con I cittadini.

“Oggi dobbiamo ripensare la politica, siamo arrivati a un punto in cui nessuno ci crede più e soprattutto non funziona più. Il problema è che in Francia sono le élite advert avere il potere, e sono persone che hanno lo stesso profilo, crescono nelle scuole elitarie, non capiscono affatto questo Paese. Sono lontani dai problemi delle persone reali. Bisogna ripensare la politica affidandola a chi conosce davvero il territorio, gli abitanti, le difficoltà quotidiane. Che siano di aiuto. Credo nella politica, ma c’è bisogno di un cambiamento radicale”.

Quando ha davvero pensato che voleva fare movie e che avrebbe potuto cambiare le cose?

“Da ragazzino non ho mai sognato di fare movie, non sapevo nemmeno che esistesse il cinema come professione. E’ arrivato per caso, avevo amici che giravano filmati, non è mai stato un sogno per me. Ma dal momento in cui ho comprato una fotocamera ho capito che puoi farci molte cose, trasmettere messaggi, essere ascoltato. Mi sono reso conto dell’impatto della fotocamera. Mi è piaciuto, ho capito che volevo fare quello. Dopodiché, ovviamente, il successo cambia molte cose. Ci permette di sviluppare più progetti, essere ascoltati di più. Sento di avere una responsabilità: sento di portare la voce degli abitanti dei quartiere da cui vengo anche io. Persone che si fidano di me, che contano su di me. Non posso deluderli. Quindi continuo in questa lotta per militare, denunciare quello che stanno vivendo queste persone”.

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La destra è cresciuta in molti Paesi negli ultimi anni. È più difficile oggi fare movie impegnati rispetto a dieci anni fa?

“Oggi abbiamo sempre meno movie impegnati, movie politici. Oggi è molto più facile fare una commedia , o movie con un grande finances. Ma non appena provi a fare movie impegnati, d’autore, è sempre più complicato. Anche in Francia, dove avevamo un buon sistema, abbiamo l’impressione che esista sempre meno e sia destinato a scomparire.Ma stiamo combattendo perché questo tipo di movie esista”.

D’altro canto I miserabili ha spianato la strada a molti movie sulle periferie e sulla diversità.

“Sì. Ce ne sono stati tanti, anche forse troppi, soprattutto perché molti erano pieni di cliché, ma bisogna continuare a farli” .

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