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C’è qualcosa di Forrest Gump, dell’Alvin Straight di Una storia vera o addirittura di Werner Herzog, in questo imprevedibile viaggio di Harold Fry!Il protagonista del movie diretto dalla regista Hettie MacDonald (suo un bell’esordio di tanti anni fa, Stunning Factor (1996), e poi serie come Regular Folks) e scritto da Rachel Joyce a partire da un suo stesso romanzo, è un signore anziano di una piccola città del Devon, nel sud-ovest dell’Inghilterra, che una mattina esce di casa per imbucare una lettera, comincia a camminare e poi non smette più finché non arriva a un’altra cittadina, Berwick-upon-Tweed, situata nel nord, al confine con la Scozia…

Oltre 500 miglia di strada a piedi che Harold percorre per l’appunto come Forrest, tenace e sicuro di sé, con la lentezza dell’uomo sul trattore di Lynch, un po’ svagato ma sempre lucido, e con uno scopo che ricorda un episodio raccontato più volte da Herzog nel corso della sua carriera, quando nell’inverno del 1974 viaggiò a piedi da Monaco di Baviera a Parigi (quasi 800 chilometri, poco meno di 500 miglia) per salvare la vita della sua amica e mentore, la critica cinematografica Lotte Eisner, gravemente malata.

Harold infatti intende raggiungere una vecchia collega che sta morendo di cancro e che forse sopravvivrà fino al suo arrivo: «I’ll preserve strolling, she’ll preserve residing», cube in originale, finché camminerò, lei vivrà. Per farlo passa dalle colline del sud ai centri urbani cementificati, dalle aree di servizio alle case della gente che lo ospita, con un ritmo di 8 miglia al giorno, le scarpe sciupate, le vesciche ai piedi.Harry è determinato, ha uno scopo e un ricordo da cui scappare. Nei suoi incontri lungo la strada – due donne che lo accolgono in casa, alcuni signori con cui conversa in tavole calde, pub o accampamenti all’aperto – e nei luoghi che visita (la cattedrale di Exeter, una rievocazione storica in una cittadina…), trova occasioni e spazi per riflettere su ciò che gli resta, su ciò che ha perduto e su ciò che potrà ancora fare.Il tempo diverso del suo viaggio gli offre la possibilità di vivere in un altro modo, gli da un’altra strada da percorrere (letteralmente e simbolicamente), lo riporta agli errori del passato e al ricordo di un figlio la cui perdizione ha segnato la vita sua e quella della moglie Maureen, abbandonata a inizio movie.

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In foto una scena del movie L’imprevedibile viaggio di Harold Fry. 

I flashback rivelano la tragedia vissuta da Harold e dalla moglie e portano dentro il dramma di un’esistenza che ha bisogno di essere emendata. Harold dorme per strada, si accampa nei boschi, parla con viandanti di fronte a un fuoco (proprio are available in Una storia vera), si fa simbolicamente lavare i piedi, trova anche un cane compagna di strada: più il viaggio prosegue, più la dimensione religiosa del personaggio si fa rivelatrice (Harold, come suggerisce il titolo originale The Unlikely Pilgrimage of Harold Fry, è un pellegrino, una figura cristologica che nel dolore fisico lava il dolore dell’anima…), mentre la moglie avvia anche lei un cammino di liberazione e incontro…Il tono del movie si fa through through melodrammatico, ma non scivola mai nel patetico: merito del modo anti-spettacolare con cui viene rappresentato il paesaggio inglese e ovviamente della cosa più prevedibile di questo presunto viaggio “imprevedibile”, e cioè la prova di Jim Broadbent, il cui sguardo racchiude la fragilità e l’innocenza di un uomo che ha deciso di fare i conti con sé stesso. Maureen è invece interpretata da Penelope Wilton, altra veterana del cinema inglese, che nella durezza del volto racchiude una comprensione che prima o poi emergerà e darà la certezza che la ragione del viaggio, come sempre, è viaggiare…

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