‘Crush’, la serie per ragazzi ora affronta il tema delle child gang: “Un fenomeno più diffuso di quanto si possa pensare”

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Diego è un tredicenne come tanti, genitori affettuosi ma impegnati, un migliore amico con cui va a scuola e divide la passione per i videogiochi, le lezioni di musica (suona l’oboe) e una cotta –segreta e tormentata – per una compagna bellissima, Erika. Quando in classe arriva Leo, un ragazzino spavaldo e sicuro di sé, Diego ne rimane conquistato: ha tutte le doti che lui non ha e soprattutto un fascino che funziona su tutti: dai professori ai compagni. Leo determine di far entrare Diego nel suo cerchio magico di amici, altri tredicenni che si incontrano al parco, e da quel muretto organizzano piccoli furti, vandalismi, atti di bullismo. Sebbene per Diego sia chiaro che c’è qualcosa di sbagliato non riesce a sottrarsi a un gioco pericoloso.

È arrivata su Raiplay e RaiGulp la nuova stagione, la terza, della serie Crush ideata da Simona Ercolani e prodotta da Stand by. Se nei primi due capitoli (Crush, La storia di Stella e Crush, La storia di Tamina) sono stati trattati rispettivamente il tema del sexting e del cyberbullismo e quello dello sport come strumento di integrazione e riscatto, con Crush – La storia di Diego l’attenzione va sul fenomeno delle child gang. “L’concept è di realizzare una collana di storie che abbia al centro un protagonista e che attraverso la sua soggettiva si racconti una questione adolescenziale più grande dello stesso ragazzo – spiega la sceneggiatrice e produttrice – Abbiamo voluto esplorare come un ragazzo o ragazza al centro della bufera trovi il modo di uscirne: con la prima stagione abbiamo raccontato il tema del revenge porn che è molto diffuso anche tra i preadolescenti, nella seconda lo sradicamento e lo spaesamento di una ragazzina afghana e poi il suo inserimento in una nuova comunità, che inizialmente la respinge, portando un nuovo punto di vista sulle cose”.

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Questa terza stagione si è concentrata invece sul punto di vista di un ragazzo di terza media. “Raramente viene raccontato il punto di vista di un maschio, così dopo due protagoniste abbiamo voluto la storia di Diego – spiega Ercolani – Le chiamiamo “child gang” e già dal nome è chiaro che l’approccio di noi adulti è di poca comprensione del fenomeno. Perché questi ragazzi non sono child, non sono bambini e il fatto di considerarli tali diminuisce l’impatto che questo fenomeno ha nelle loro vite. Per affrontare al meglio il tema abbiamo fatto, come è nostro solito, tantissime interviste, e indagando è venuto fuori che la cosa è molto più diffusa di quello che si immagina. Solitamente se si parla di child gang si parla di casi estremi, che si sviluppano in ambienti degradati, ma in realtà la situazione è meno estrema ma più ampia di quello che viene detto. Il Covid ha dato una botta incredibile alla Generazione Zeta. I ragazzi molto spesso sono soli, poco seguiti, poco ascoltati per cui se capita loro di incappare in una personalità forte che esprime la sua energia riversando la propria rabbia sugli altri coinvolgendo degli amici, ne rimangono sedotti. Succede che un ragazzino si rende conto che c’è qualcosa di sbagliato, ma il desiderio di appartenere un gruppo ti spinge advert allontanare il pensiero negativo ed esaltare soltanto l’aspetto di accettazione”.

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La serie è stata scritta, girata e anche montata con la collaborazione e la supervisione della dottoressa Paola de Rose, neuropsichiatra childish presso l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù. “Vogliamo che la serie sia allo stesso tempo realistica, che invii un messaggio ma non pecchi di un eccesso pedagogico – spiega Ercolani – noi sottoponiamo alla dottoressa il tema, con lei rivediamo soggetto e sceneggiatura ma poi nelle sequenze più delicate viene sul set. Per varie ragioni: sia per verificare che il racconto sia credibile, sia per interagire con i nostri giovani attori che naturalmente vanno tutelati. Ci sono situazioni che possono colpire e turbare gli interpreti ma anche il nostro giovane pubblico, da quel punto di vista siamo sempre molto attenti e cauti nei nostri racconti perché abbiamo una grande responsabilità”.

È appena arrivata questa terza stagione ma il gruppo di autori è già al lavoro sulla prossima. “Il tema che affronterà Crush 4 è il possesso. Facendo le interviste per il tema della child gang è venuto fuori come il tema dell’amore tossico comincia a svilupparsi già durante la scuola media. Da cosa nasce cosa e allargando il tema è emerso, parlando coi ragazzi, questo discorso sulla gelosia patologica, sul controllo che sembra impossibile tra ragazzi di tredici anni e invece c’è. Per questo stiamo scrivendo una nuova storia che affronti questo tema”.

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