Cccp – Fedeli alla Linea. Un vero concerto punk a Berlino: “Siamo tornati per portare il disordine”

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Berlino – Benedetti siano i Cccp – Fedeli alla Linea che ci hanno mostrato, dopo decenni, che cos’è un concerto vero: inquietudine, sentimenti alterni, rabbia, confitto, imprevisto, ballo, impressione che qualsiasi cosa possa succedere, anti-celebrazione. Li benediciamo perché il loro concerto è stato incendiario: ancora una volta ha minato certezze, seminato dubbi, distrutto riti abusati e ormai francamente insopportabili. Per una volta non ha prevalso la noia di fronte a una macchina che deve essere sempre perfetta, performare al massimo, senza cuore, senza anima, con i musicisti-star e il pubblico che applaude estasiato.

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Qui la macchina non è perfetta, non funziona, traballa, si rompe in una deflagrazione inaspettata e folle. Perché i Cccpsono il veleno dentro quella macchina e non sono qui per celebrarsi insieme a voi ma, ancora una volta per distruggere tutto quello che pensate di loro e ricostruirlo, in modo diverso da come vi potreste aspettare, l’attimo dopo. Detto con parole molto schiette, i Cccpsono qui per rompervi le palle e ci riescono con un momento in cui tutto è al contrario, are available un movie di David Lynch, con Giovanni Lindo Ferretti che mostra, divertendosi moltissimo, il dito medio al pubblico adorante. Pubblico che fino al momento prima mostrava lo stesso dito dito con tanto anche di “vaffanculo”, non alla band ma a un ospite scelto dalla band. Senza che tutto questo comporti una frattura tra band e pubblico ma, anzi, finisce per determinare una ricomposizione con l’unica cosa alla cui linea i Cccpsiano davvero fedeli: il punk.

Ma andiamo con ordine. Berlino dal mattino vede girare gruppi di italiani di età numerous in varie zone della città ma in particolare per Kreuzberg, il quartiere storicamente multietnico ma soprattutto, negli anni Ottanta, a maggioranza turca e punk, pieno di case occupate, culla delle controculture. Oggi un po’ gentrificato ma non proprio del tutto, lasciando forse a Neukölln il testimone del quartiere “emergente” ma in ogni caso ancora pieno di gente felicemente bizzarra, di locali, di cose da fare, di negozi che vendono kebab (Kebab träume come vedremo più tardi). Insomma, un quartiere ancora pieno di vita. Ci sono italiani da Core Tex, ‘house of hardcore and punk’, come recita la scritta sulla vetrina di questo storico negozio di dischi e molto altro al numero tre di Oranienstrasse, la through epicentro insieme a Kottbusser Tor, quest’ultima un tempo considerata una delle ‘zone più pericolose di Berlino’. Ma ancora adesso si difende.

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In coda al membership. 

La sera ritroviamo molti di questi italiani in coda per il primo dei tre concerti dei Cccpin DDDR (24, 25, 26 febbraio) presso l’Astra Kulturhaus, un locale decisamente spartano, esattamente il tipo di membership che fa parte della storia dei CCCP, dove non si vede bene (ci sono delle colonne in mezzo al locale), non si sente bene e naturalmente non ci sono posti a sedere. Il concerto è, come si sa, totalmente offered out, 1.450 persone presenti, la maggior parte dei quali italiani, residenti o come si diceva, giunti appositamente per l’evento.

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“Appena arrivati qui ci siamo sentiti immediatamente a casa”, racconta Giovanni, “qui dentro tutto o quasi è rimasto come period allora compresi i mobili qui nel backstage, i lampadari, i pavimenti, la tappezzeria. Vedi la storia. In un momento in cui sta di nuovo crollando tutto”. “Dal punto di vista estetico è tutto esattamente uguale” aggiunge Annarella”. “Tutti i giovani disadattati dei tempi venivano qui a Berlino mentre il commercio period in mano ai turchi: forza lavoro a basso costo”, aggiunge Ferretti. La formazione è quella dei CCCP ‘eterni’, come lo stesso Giovanni li ha definiti, contrapposti al nucleo della primissima formazione che si trova nell’album appena uscito Altro che nuovo nuovo che vedeva alla batteria Zeo, il fratello minore di Annarella, e Umberto Negri al basso. Sono Giovanni Lindo Ferretti alla voce, Massimo Zamboni (chitarra), Annarella Giudici (benemerita soubrette) e Danilo Fatur (artista del popolo). Li accompagnano Ezio Bonicelli al violino, Simone Filippi alla chitarra, Luca Rossi al basso e Simone Beneventi e Gabriele Genta alle percussioni.

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Si inizia ovviamente con l’inno della DDR e Massimo Zamboni che, in tedesco, declama: “Astra Kulturhaus a Friedrichshain, avamposto della Berlino imperiale. Ci troviamo nel cuore della Repubblica Democratica Tedesca Smantellata di Germania Est (questo il senso di DDDR dove la ‘D’ in più sta per ‘dismantled’ appunto, ‘smantellata’). Non c’è posto migliore per restituire a questa città quello che ci ha dato: istruzioni di vita e una manciata di canzoni. Nati negli scantinati delle case occupate, nel buio delle strade acciottolate, nelle scritte sui muri, nelle rughe del viso: Reside in Pankow; Islam punk; Spara Jurij; Curami. Cccpnel DDDR. Punk filosovietico e musica melodica emiliana. Cccpnella DDDR. Grazie Berlino e grazie a tutti voi per essere qui.

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A cui segue Giovanni Ferretti che legge: “Cantavamo Kebab träume in der Mauer Stad”. Non mangio kebab da anni e non sogno o non ricordo, il mio è un sonno da sfinimento. Smantellato il Muro, l’oltrecortina, il dopoguerra, la città intorno è una città del Nord come le altre. Cantavamo: Wir sind die Türken von morgen, roba da forza lavoro a basso costo, ma sepolto Atatürk è la Elegant Porta, lo skyline d’Istanbul, mica roba nostra. Nella mia Berlino il Reichstadt è un palazzotto vetusto fuori mano in fondo al parco e sul prato davanti al tramonto pascola un branco di cervi. Dietro c’è il muro e una torretta per guardare oltre. Sic ‘transeat’ gloria mundi – Passami quella canna”. Dove ‘kebab träume in der Mauer Stad’ (‘Sogni di kebab nella città del Muro’) è una citazione della cowl di un pezzo dei D.A.F., ovvero i Deutsch-Amerikanische Freundschaft (‘Amicizia Tedesco-Americana’), duo di musica elettronica esponente di punta della Neue Deutsche Welle (la new wave tedesca) che ha influenzato i Cccpagli inizi, insieme agli Einstürzende Neubauten con la loro thought di ‘geniale dilettanten’ (ricordate i ‘geniali dilettanti in selvaggia parata’?).

Il brano è appunto Kebab träume e oggi lo potete ascoltare per la prima volta nel nuovo-vecchio album dei CCCP, Altro che nuovo nuovo. Poi tocca advert Annarella con la bandiera della DDR e un cappello militare che legge la Profezia della Sibilla: “Reside in Mosca, reside in Budapest, reside in Varsavia, reside in Sofia, reside in Praga, reside in Pankow. Nessuno è eterno, il tempo della advantageous giunge per ogni cosa . Il tempo non si arresta, si trasforma, è altro. L a terra è viva cresce chi deve crescere e crescerà. Ma voi non mi ascoltate mai, leccatevi le ferite poi”.

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Oggetti mitici nel backstage / 1 

Queste tre letture sono fondamentali perché sono le chiavi di volta per comprendere non solo tutto il resto del concerto ma perché i Cccpoggi sono più attuali di ieri e perché questa non solo non è una reunion per nostalgici ma neanche un pranzo di gala. Non caso il concerto inizia con le parole profetiche di Depressione caspica: “No non ora non qui in questa pingue immane frana/ Se l’obbedienza è dignità fortezza/ La libertà una forma di disciplina/ Assomiglia all’ingenuità la saggezza”. Dove è facile identificare la frana nell’orribile situazione attuale del mondo, ancora peggiore di quando il testo fu scritto e la libertà come una conquista non gratuita mentre l’ingenuità della saggezza è quella di chi proprio non capisce questo nuovo avvelenamento contemporaneo di un mondo che ha visto in passato i campi di sterminio, Auschwitz e la bomba di Hiroshima. E che si sperava avrebbe ricordato per sempre.

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Oggetti mitici nel backstage / 2 

Non a caso segue Morire, che recita: “Esiste una sconfitta pari al venire corroso che non ho scelto io ma è dell’epoca in cui vivo” e il finale devastante di quello che ormai è diventato uno slogan che fa parte della (contro)cultura: “Produci – consuma – crepa” a cui segue “sbattiti fatti crepa” e “rompiti le palle – cotonati i capelli – rasati i capelli – crepa” che segnalava la vanità conformista anche dei comportamenti alternativi.

Ferretti ha aggiunto un minaccioso e vagante “piercing – tatuaggi” ripetuto più volte a un pubblico in buona parte pieno, appunto di piercing e tatuaggi mentre ormai i capelli cotonati in stile punk non esistono quasi più. Il vecchio ‘pogo’ (il ballo punk inventato da Sid Vicious) esplode anche se la variegata età del pubblico (ci sono giovani ma anche i 50-60enni contemporanei ai Cccpdel primo periodo) contribuisce a quietare l’atmosfera elettrica che a ondate percorre il pubblico, anche perché a seguire c’è “oh! Battagliero”, dove la genialità iconoclasta della band si esprime mettendo insieme la ‘musica melodica emiliana’ ovvero il ‘lissio’ (!) al punk.

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Il gilet di Fatur. 

Subito dopo arriva l’inquieto, estenuante Stati di agitazione, altre parole storiche: “Stati di agitazione tra le idee, sulla pelle devo tenermi su, devo essere presente va meglio, peggio, va meglio, peggio, va meglio, peggio qualcosa più di niente”. Qui Fatur si scatena, cerca di impiccarsi con una corda, strabuzza gli occhi sudato, cammina minaccioso davanti al pubblico con quello che oggi si definirebbe il suo meraviglioso ‘corpo non conforme’ che agli esordi, come ricorda Ferretti, period quello di “un bronzo di Riace” mentre Giovanni continua, incessante “stati di agitazione in me nelle mie vene stati di agitazione e mai niente di più” advert libitum.

Per questo è veramente perfetta la sospensione mistica che evoca sensazioni ataviche di devozione – orrore di fronte alla manifestazione del divino con Annarella che arriva sul palco vestita da suora in bianco e Giovanni che, tiratosi su il cappuccio della felpa, sembra un frate dell’Inquisizione mentre canta, accompagnato solo dal violino: “Libera me, Domine, de Morte aeterna in die illa tremenda Quando coeli movendi sunt movendi sunt et terra”. Stacco.

Parte il video di Tomorrow con Amanda Lear a cui segue Tu menti, un altro apologo contro la seduzione sfavillante del consumismo (un termine che, nonostante l’attualità e tutto ciò che in proposito aveva scritto Pasolini, non si usa più): “Non fai niente di male niente di ciò che credi non sai quello che vuoi non riuscirai advert averlo niente è free of charge niente è a posto le insegne luminose attirano gli allocchi”. Sottolineiamo che Amanda Lear period un altro personaggio fortemente diviso ai tempi perché rappresentava il ‘mainstream’ contrapposto all’underground da cui venivano i Cccpma al tempo stesso la sua ‘ambiguità’ di cui si vociferava nella pruriginosa Italia dei tempi, capovolgeva ancora tutto in un disorientante gioco di specchi.

La successiva Curami è il trionfo di Fatur che si agita nervosamente in prima linea mentre Ferretti ribadisce ancora e ancora:” Verranno al contrattacco con elmi ed armi nuove ma intanto adesso curami, curami, curami” e per l’occasione ha deciso di indossare le famose molle davanti agli occhi agitando una sorta di frullino e portando sul torso nudo un’imbragatura e una targa annessa, mentre Giovanni e Annarella indossano, immobili, proprio un elmetto. Fatur poi alla advantageous del pulsante e schizzato “sono la terapia” ripetuto fino all’estenuazione, saluta il pubblico a pugno chiuso ma poi sembra mettersi a nuotare decontestualizzando totalmente il gesto. E adesso è arrivato il momento.

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Giovanni Lindo Ferretti risponde alle dita medie alzate dal pubblico contro Andrea Scanzi. Fonte: Fb 

Entra Andrea Scanzi a recitare un monologo sulle observe iniziali di Emilia paranoica per raccontare a un pubblico che non è quello televisivo, il significato di Emilia paranoica. E viene ricoperto da fischi con Giovanni che comincia a dirigere il pubblico alzando le braccia al cielo come dicendo “forza, di più, di più” in maniera ironica per poi alzare il dito medio verso il pubblico, in segno di sfida. Scanzi a un certo punto si inginocchia. Ferretti, luciferino, sorride. Cube: “Quanta voglia di purezza in questi sguardi, quanta voglia di poter odiare qualcuno perché ti sta sui coglioni. E lui sta qua proprio perché vi sta sui coglioni! Perché noi non abbiamo mai voluto che tutti la pensassero come noi perché noi portiamo il disordine, non l’ordine: non quello che volete voi. Non sono come tu mi vuoi, non sono come tu mi vuoi, non sono come tu mi vuoi”.

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Giovanni Lindo Ferretti risponde alle dita medie alzate dal pubblico contro Andrea Scanzi. Foto di Mario Lo Muzio 

Annarella scandisce tre volte: “Emilia paranoica. Emilia paranoica. Emilia paranoica”. Ed è il delirio, l’apoteosi, mai prologo fu più perfetto per il pezzo manifesto dei CCCP. A corollario Annarella e Fatur daranno il meglio di sé stessi con quest’ultimo che si pulisce la lingua con una lima, cosa che il pubblico saluta con gioia.

Dopo il concerto Ferretti spiegherà: “Abbiamo portato Scanzi perché stava sul cazzo a tutti. Anche a me. Poi ho scoperto che period un ragazzo molto diverso dalla sua immagine televisiva. Segue in maniera totalmente surreale una delirante, bellissima poesia di Fatur, che a questo punto si prende dal pubblico una meritata ovazione con un ‘vota Fatur!’ che denota non solo amore ma anche conoscenza della discografia della band. Solo che appena finita… salta tutto!

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Un particolare del gilet militare di Giovanni lindo Ferretti. 

La gente, disciplinatissima, attende. Segue quello che sarà l’altro grande momento quella Punk Islam che Ferretti non voleva fare e che invece dopo che Zamboni suggerisce “comunque proviamola!”, può avere un senso ancora più di prima anche se modificherà il finale che diceva “Allah è grande, Gheddafi è il suo profeta”. Spiegherà poi che “non avrebbe avuto senso oggi usare quelle parole con Gheddafi morto è un’invocazione al profeta che con il terrorismo ha cambiato completamente senso”. Al suo posto recita: “Chi è grande? Chi è il profeta?”. (Massimo Zamboni ci dirà poi che avrebbe dovuto essere “nessuno è grande, nessuno è il porfeta” ma tutto, nietzschianamente, è in continua mutazione). Cambia anche “noi siamo i Turchi di domani” che, spiega Zamboni, è stato modificato in “noi siamo i turchi di oggi”. Rimane “invece di pensare continua a salmodiare” che esemplifica perfettamente una schiavitù mentale.

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Segue, opportunamente, una visionaria Radio Kabul. A cui, sempre per contrasto, viene accostata Bang bang (My child shot me down) di Sonny Bono, mai fatta prima, che introduce a Spara Jurij: altro pogo selvaggio. Annarella a questo punto presenta ‘i suoi gioielli’ ringraziando tutti a iniziare da Andrea Scanzi (fischi) e poi man mano, applausi e applausi a tutti. Segue l’inquietante Allarme e, altra sorpresa, una fantastica Kebab träume dei D.A.F. cantata da Massimo Zamboni: “Lui la faceva già”, spiega Ferretti, voleva che la cantassi io ma quando l’ho sentita è stata subito chiaro che period lui che doveva farla”.

E così è stato. Il contrasto ha funzionato molto, molto bene. Il finale è Amandoti, fatta solo con il violino e la voce di Giovanni. Molti sono commossi. Giovanni: “Grazie di tutto. Dei fischi e degli applausi”. Advantageous di una cosa che non è un concerto ma un’esperienza indimenticabile. Cosa succederà domani?

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