The Kolors, parla Stash: “Al Competition con una fotografia dell’amore ingessato dai social”

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SANREMO – Oltre a farle, le interviste a volte occorre anche sbobinarle, quindi è sempre meglio testare bene i livelli di registrazione prima di iniziare, il lavoro altrimenti diventerebbe improbo e Stash, il cantante dei Kolors, lo sa bene: “L’ho fatto anch’io, sbobinavo le riunioni del consiglio comunale di Cardito, il paesino nella provincia di Napoli in cui sono cresciuto, per conto di mio papà che aveva una ditta di service audio, un lavoro lungo”.

Con i The Kolors tornate al Competition dopo sei anni, cantaste Frida, Sanremo vi obbligò a cantare la vostra prima canzone in italiano.

“Io l’avevo già fatto per Assenzio con Fedez e J. Ax., e fu quella canzone a togliermi ogni pregiudizio coltivato sin da ragazzino, quando per scimmiottare le band che amavo, non esisteva che l’inglese. Volevo parlare della mia generazione, così dopo Frida, che in realtà period nata in inglese e adattammo con l’intervento di Davide Petrella, è arrivata Pensare male che considero la nostra prima vera canzone, quella che segue esattamente il modo di comporre dei Kolors”.

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Con il pezzo Un ragazzo una ragazza sembrate tornare a certi ritmi funky dei vostri primi anni.

“L’intenzione è di far ballare, quindi fa piacere che venga notato. E’ vero che, rispetto a tante nostre cose più recenti, la canzone del Competition incontra il sound dei nostri primi dischi, a cominciare dalle chitarre, che per esempio non abbiamo utilizzato in Italo disco. In Un ragazzo una ragazza abbiamo rispolverato un synth che non usavamo da allora. Però siamo sempre noi, quindi certe melodie o progressioni armoniche sono le stesse”.

In qualcosa ricorda Salirò di Daniele Silvestri.

“L’ho pensato che stessimo pizzicando delle corde della mia memoria, è una cosa bella, magari essere associati a quel brano. Per me Silvestri è un maestro di quelle sonorità e, anche se non di recente, me lo sono studiato nei minimi dettagli, lui è uno dei pilastri della scrittura della nuova musica italiana. Se la nostra canzone stuzzica quel ricordo, lo sta facendo con un ricordo di qualità”.

Il testo cube: “Labbra sulle labbra, poi che succederà?”.

“In perfetto stile Davide Petrella si gioca con le immagini e le suggestioni, sono scene di vita urbana mixate a dei tecnicismi. La canzone parla di come rompere il ghiaccio, di come fare il primo passo in questi tempi in cui l’approccio viene sempre mediato. La scena è vera, l’abbiamo vista alla stazione Centrale di Milano, e l’abbiamo voluta raccontare”.

L’inizio da resident band alle Scimmie, il locale sui navigli a Milano, poi nel 2015 la vittoria advert Amici.

“Le due cose sono collegate. Fu una telefonata di Francesco Sarcina delle Vibrazioni a invitarci alle selezioni advert Amici, dove lui period uno dei professori. Ci conoscevamo perché le Vibrazioni erano state a loro volta resident band alle Scimmie, prima di noi. Mi disse: ci sono i provini per le band, perché non ci provate? Siete giovani, siete belli…”. Advert Amici, ci siamo messi a nudo, rinunciando all’estetica underground: ci siamo tolti il chiodo e le creste colorate e siamo andati a realizzare, con la tutina di Amici, quello che period il nostro sogno, portare nel mainstream italiano ciò che period etichettato come underground italiano. Noi abbiano sempre voluto fare il pop, fin dai primi concertini alle Scimmie”.

A proposito, quanto conta la bellezza?

“Io mi sento un po’ impacciato quando ai concerti mi urlano in coro sei bellissimo, personalmente intendo la bellezza al di là dell’estetica, come il risultato di un’armonia interiore. E non mi sento neanche una star, quando mi fermano per una foto ringrazio, devo tutto ai miei fan”.

Da dove nasce il suo nome?

“In realtà mi chiamo Antonio Alex Stash, mio padre lo scelse perché lo interpretava con il significato di tesoro: appassionato di rock, lo prese dal brano dei Pink Floyd, Cash, da The darkish facet of the moon, lì dove cube prendi i soldi con tutte e due le mani e trova un posto, uno stash appunto, dove metterli. Un giorno però vado a Londra, avevo 14 anni, e al mercato di Camden City dove vendevano cose indiane vedo ovunque questa scritta stash, e lì apprendo che oggi il mio nome viene utilizzato anche come “nascondiglio” per la droga. Forse anche i Pink Floyd degli anni 70 forse intendevano quello ma mi piace pensare che mio padre l’abbia scelto in modo romantico”.

I nomi musicali devono essere una tradizione di famiglia, anche le sue figlie si chiamano Grace e Think about per motivi musicali?

“Mia figlia per un omaggio a Grace Jones, una mia passione, ma è anche il punto di incontro con la mamma che lo voleva in onore di Grace Kelly. Think about, per John Lennon, si chiama però anche Emily: avrà così la possibilità di scegliere, ma io sono sicuro, per esperienza personale, che preferirà sempre Think about”.

Famiglia musicale: suo cugino è batterista nei Kolors. Anche i vostri padri suonavano assieme.

“Sì, nei Rebus, un trio anche il loro ma di matrice più rockettara. Non hanno mai raggiunto la notorietà ma loro hanno certamente raggiunto il successo personale”.

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