Ritmo, vudù e culto dei morti. Quel ponte musicale tra l’Africa e Napoli

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Quasi duecento opere, provenienti da musei, gallerie e collezioni personal, di venticinque artisti africani e italiani sono state esposte al Maschio Angioino di Napoli per raccontare il rapporto tra Napoli e l’Africa, per riflettere sull’arte africana sulle sue connessioni con quella occidentale, ma anche per rinvigorire la memoria sul ruolo che Napoli ha avuto come luogo di incontro e spesso di fusione di tradition various.

“L’Africa & Napoli” è stata una mostra ‘sonora’ non soltanto visiva, perché a stabilirne il ritmo è stata la musica di Enzo Avitabile, realizzata per l’occasione, per sonorizzare i lavori, le sculture, i dipinti, le fotografie e le opere su tela di Amebédé Mouleo, Alika Cooper, Atrayoux, Assunta Saulle, Camille Tété Azankpo, Cyprien Tokoudagba, Delio Jasse, Dominique Zinkpè, Gonçalo Mabunda, John H. White, Jon Jones, José Nicolas, Ernest Pignon-Ernest, Laetitia Ky, Malick Sidibé, Mario Ciaramella,Mathelda Balatresi, Matteo Basilè, Michelle Okpare, Sebastião Salgado, Sokey Edorh, Yves Apollinaire Pédé, Pierre Segoh e Yeanzi. Si tratta di un percorso, dicevamo, che Andrea Aragosa sta arricchendo sempre di nuove tappe: “E’ la quinta mostra monotematica sul continente africano che ho organizzato”, ci cube, “Afriche e non Africa per le tante sfaccettature e letture possibili. Come tutti sanno la Campania è una delle regioni Italiane a maggiormente interessata dai flussi migratori provenienti dall’Africa, si parla di circa 200 mila tra regolari e clandestini attualmente ed period naturale che questa ‘mescolanza’ desse vita a una situazione culturale nuova e a scambi e ibridazioni sorprendenti”.

Com’è nato questo suo interesse?

“Lavorando ormai da 25 anni con la musica, specialmente con Enzo Avitabile, mi sono avvicinato alle tradition ed all’arte che hanno ispirato gran parte delle avanguardie artistiche del 900, da Picasso a Matisse, da Giacometti ai Dada. Quindi le mostre nascono da una mia esigenza di “restituzione culturale” e cioè offrire ai ragazzi italiani di seconda e terza generazione una lettura chiara della grandezza delle proprie radici, in modo da potersi riappropriare sia del loro passato che di appropriarsi del loro domani”.

Enzo Avitabile, oltre duemila presenze al Napoli world 2023

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Quindi una serie di mostre, e in particolare questa, che uniscono il passato e il futuro?

“Partendo da manufatti di arte “primitiva”, la mostra ha voluto parlare dell’oggi attraverso i linguaggi degli artisti contemporanei, prima di tutto. Ma il legame con Napoli è antico, sempre ambivalente, positivo e negativo. Parto da un episodio spiacevole che riguarda la tratta degli schiavi: pochi sanno che quando intorno al 1850 fu vietata la tratta in Europa, i Borbone hanno continuato a farla per conto degli olandesi e inglesi per due o tre anni. Le navi venivano costruite a Castellamare e trasportavano gli schiavi nelle colonie. Ma negli stessi anni viene fondata a Napoli la Società Africana d’Italia, che apre una prima finestra per studi e scambi commerciali con vari paesi del continente. E l’Università Orientale di Napoli ha il primato di introdurre per prima in Europa l’insegnamento di molte lingue africane. Il novecento è segnato dalle esposizioni coloniali, a Napoli al Maschio Angioino ce ne fù una che restò aperta per quasi due anni. E poi c’è stata la costruzione del nuovo porto e della Mostra d’Oltremare, che mise in evidenza i padiglioni delle varie nazioni africane. Fu bombardata nel 40 e quindi durò solo pochi mesi, ma rimangono segni architettonici molto importanti su tutto il cubo d’oro”.

CI sono punti di contatto, dunque, tra la cultura napoletana e quella africana?

“Il primo è ovviamente la musica, il ritmo, la ricerca sonora, come testimonia il lavoro fatto per la mostra da Avitabile. Ma ci sono esempi come il culto dei morti, il rapporto tra la cerimonia del vudù ed il culto delle “capuzzelle”. La musica di Avitabile rende evidente questo legame, attraverso i brani e le collaborazioni con gli artisti africani, tra gli altri Manu dibango, Hugh Masekela, Khaled, Toumani Diabate, Idir, Baba Sissoko, Mory Kante, Salif Keita. La musica è centrale in questa storia, senza la musica le lingue e le tradition various non avrebbero trovato mai un punto di contatto”.

Nuova tappa del viaggio?

“Il viaggio continua ed a maggio faremo una grande mostra sul vudù, alla Cappella Palatina del Maschio Angioino e nella sala dell’Armeria, continueremo a raccontare questo straordinario legame tra le Afriche e Napoli”.

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