Luca Zingaretti: “La mia nuova sfida è farvi ridere. Il debutto da regista ispirato da una storia. La violenza sulle donne? Ho iniziato a combatterla grazie a mia madre”

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Luca Zingaretti in versione comica. Mentre su Rai 1 tornano le repliche del suo amatissimo commissario Montalbano l’attore si propone nel ruolo di un poliziotto disilluso, in crisi coniugale e con la fissa per le canzoni di Marcella Bella nella serie commedia No exercise – Niente da segnalare dal 18 gennaio su Prime Video. Un Aspettando Godot comico dove advert attendere un carico di droga che non arriva mai ci sono due criminali scalcagnati, interpretati da Rocco Papaleo e da Fabio Balsamo dei The Jackal, due centraliniste – Carla Signoris e Emanuela Fanelli – e due poliziotti impegnati nell’appostamento interpretati da Alessandro Tiberi e Luca Zingaretti.

Marcello è un poliziotto che ha perso la vocazione, finisce davanti alla commissione disciplinare capitanata da Lorella Cuccarini perché gli è partito un colpo dalla pistola. Un ruolo molto diverso da quelli in cui siamo soliti vederla.

“Sinceramente non avevo mai fatto una serie di questo tipo. Quando mi è stata proposta ho avuto un momento di perplessità però ha prevalso la voglia di divertirsi e poi mi sono detto: perché no? Sapevo che avrei dovuto attingere a una serie di utensili che normalmente non tiro fuori dalla mia cassetta o molto raramente. La scommessa è stata essere divertente senza andare sopra le righe, ho cercato di giocare sull’asciuttezza partendo dal materiale che ci hanno fornito gli autori con cui c’è stato un rapporto libero”.

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La serie è quasi teatrale: quanta improvvisazione?

“Tanta. Period necessario, questo tipo di scrittura va un po’ cucita addosso. Alessandro Tiberi ed io avevamo il compito difficile non solo di sostenere un dialogo brillante a due ma eravamo anche ‘senza il corpo’ perché chiusi in quella macchina disgraziata che abbiamo cominciato a odiare. Il mio personaggio all’inizio fa tutto il tipo del ‘so tutto io’ poi però nel corso della storia emerge anche la sua fragilità, un elemento che ho voluto introdurre e gli autori sono stati d’accordo. Così è venuta fuori la ricerca dei chakra, la meditazione durante l’appostamento, la moglie che fondamentalmente non ne può più”.

A un certo punto il suo personaggio, Marcello, cube “‘Sti movie violenti, ‘sti commissari hanno stufato”. In fondo lui è proprio l’anti-Montalbano.
“Devi avere il coraggio di prenderti un po’ in giro rispetto al tuo passato ma anche a chi sei tu. Abbiamo messo una battuta anche sul trapianto di capelli con lui che si guarda nello specchietto della macchina e cube ‘crescono, crescono…’. Ci siamo divertiti a prenderci in giro”.

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Invece il commissario Montalbano non ha stancato affatto: ogni volta che la Rai è in crisi di ascolti lo ritira fuori. Perché fa sempre centro?
“Credo che Montalbano sia riuscito a raccontare bene l’Italia di quegli anni. E’ una serie che ha unito persone che oltre al talento hanno messo insieme la voglia di non mollare neanche di un centimetro. Oggi, con i social, è facile trovarsi dalle stelle alle stalle in pochissimo tempo, credo che la differenza stia proprio nella durata. Abbiamo iniziato quasi di nascosto su Rai 2 e abbiamo finito la serie facendo il 45% di share, credo che sia dovuto al nostro professionismo, alla volontà di non sedersi sugli allori, di cercare – ogni volta che ci mettevamo di fronte a un racconto di Andrea Camilleri di dare il massimo anche se sapevamo di avere un pubblico numeroso e fedelissimo. Per questo non abbiamo mai voluto deluderlo”.

Montalbano le ha anche impartito la pratica della regia. Quest’anno esce il suo movie da regista “La casa degli sguardi”.
“Quando ho letto il libro di Daniele Mencarelli ho capito che c’period un piccolo tesoro da tirare fuori. Abbiamo scritto la sceneggiatura, diversa da quella del romanzo poiché per rispettare il senso profondo di un libro occorre tradirlo, perché il racconto del cinema è diverso. Lo stiamo montando, sono felice e soddisfatto di come stia venendo ma fino all’ultimo non ci si deve rilassare perché – come diceva un mio caro amico – la differenza tra la vittoria e la fregatura è impercettibile”.

Il protagonista è il giovane Gianmarco Franchini che il pubblico ha visto in ‘Adagio’ di Stefano Sollima.
“Quando l’ho incontrato non sapevo che sarebbe stato protagonista del movie di un autore così importante, l’ho saputo dopo. Lo avevo visto in un video in cui avevo chiesto di parlarmi un po’ di sé e mi aveva colpito la sua vibratilità, è stato il primo provino per il protagonista e dopo due ore ero già convinto. Ma tutti mi dicevano ‘vedine degli altri, è un protagonista, Luca tu non sai come funziona…’. Io ho risposto: ‘faccio l’attore, ascoltate me’. Alla high-quality li ho convinti, e avevo ragione io. È un ragazzo di cui si sentirà molto parlare perché al di là della bravura, che a vent’anni vuol dire tutto e niente, ha una grande anima… con tutti i chakra aperti verso la vita. Abbiamo lavorato molto bene insieme”.

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A proposito di giovani stelle: Simona Tabasco che period sua figlia in Perez è alla notte degli Emmy
“L’ho rivista poco tempo e questa ragazza, al di là della sua bravura, della sua bellezza, è rimasta una persona autentica. Sta facendo una bellissima carriera, si diverte, miete successi ma è rimasta la stessa che ho conosciuto tanti anni fa”.

È un periodo in cui tanti attori passano alla regia e con successo, com’è il caso – clamoroso – di Paola Cortellesi. ‘C’è ancora domani’ l’ha visto?
“Sì, certamente siamo andati con le figlie”.

Ha partecipato alla Giornata contro la violenza sulle donne.
“Mia madre mi ha portato fin da ragazzino alle prime lotte femministe, quelle iniziate con il ’68. Fin da piccolo andavo nei consultori, alle riunioni alla Casa delle donne nel palazzo occupato in through del Governo vecchio a Roma…. Sono cose che ho già vissuto ma sono contento che oggi stiano prendendo, nella vita del Paese, l’importanza che meritano. Il mio è stato un volerci essere, una giornata fantastica, tra l’altro il 25 novembre period il compleanno di mia madre (la signora Emma detta Mimmi Capua è morta nel 2020, ndr.), mi è piaciuto pensare che lei sarebbe stata felice di essere lì, è stato un regalo postumo”.

Rispetto alla commedia che ha frequentato meno di altri generi, qual è quella che le piace, vorrebbe farne di più?
“Penso di avere delle be aware comiche che laddove è stato possibile ho utilizzato anche in Montalbano per esempio. Io preferisco la commedia di scrittura più che quella affidata all’estro di un comico perché non essendo comico io mi devo necessariamente appoggiare al testo. Mi interessano quelle belle commedie, sapienti nella scrittura sono quelle che mi piacerebbe frequentare se dovessi augurarmi un futuro in questo genere”.

‘Il re’, Luca Zingaretti è un direttore di carcere nella nuova serie a marzo

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Lontanissima dalla commedia ritorna quest’anno la serie ‘Il re’. Da quello che si sa, la nuova stagione sembra molto tosta…
“Abbiamo osato, confortati dal successo della prima stagione. Riprende dove abbiamo concluso la prima. Il nostro re è finito dietro le sbarre dove prima regnava, nel carcere dove prima period monarca assoluto con tutte le incognite che questo può comportare… per la sua storia e la sua incolumità. È stata una lavorazione faticosa ma molto bella. Girare in un carcere, per quanto dismesso da parecchi anni, non sarebbe stato facile se non si fosse creato un legame così forte, credo che l’energia delle persone e dei luoghi rimanga attaccata. Il carcere è un altro protagonista della serie e ha determinato tutta l’atmosfera”.

A proposito di storie toste: prosegue il progetto su Eugenia Carfora, la preside della scuola di Caivano?
“Come no, stiamo scrivendo con Cristiana Farina e Maurizio Careddu (gli sceneggiatori di Mare fuori, ndr.), la storia è bellissima e ci entusiasma l’thought che abbiamo avuto per articolarla. Vogliamo raccontare in positivo quello che in questi anni è stato raccontato solo mettendo l’accento sul negativo. In quella battaglia ci sono tante persone che tante volte si devono sostituire allo Stato. Lo dobbiamo alle persone che vivono e combattono lì ogni giorno”.

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Luisa Ranieri, sua moglie, sarà la protagonista?
“Penso di sì, è l’attrice a cui pensiamo mentre scriviamo, il fatto che io sia il marito c’entra poco o nulla. La dobbiamo conquistare con la nostra scrittura. Luisa ama questa storia, l’abbiamo scoperta insieme, lei aveva visto un documentario sulla preside Carfora e siamo andati a conoscerla. È una storia che sente vicina perché è la sua terra, ci ha detto ‘scrivetela e poi me la destiny leggere’”.

Cosa si augura per questo 2024 appena iniziato?
“Mi auguro che si possa ristabilire la tempo nelle guerre a noi vicine e non solo. Ogni giorno accade qualcosa di molto inquietante nel mondo. Usciti dall’incubo della pandemia non avevamo certo bisogno di anni di guerra come quelli che stiamo vivendo. Mi ritengo un uomo fortunato, per cui faccio un augurio destinato agli altri, a tutto il mondo. La situazione internazionale mi mette molta ansia, per le mie figlie e per il mondo in generale: la violenza che infiamma il globo mi fa paura e due di questi conflitti ce li abbiamo veramente vicinissimi, uno nel Mediterraneo e l’altro… Quanto in linea d’aria ci separa dal confine ucraino?”.

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