Squadra che vince non si cambia. Ma il guaio è che quello che non si cambia è soprattutto il capo, il quale si concede una vaga ripassata nel minuscolo lavandino dell’ufficetto dove vive e lavora e poi by way of, la camicia è quella di un lungo viaggio nella vita da spia.
I cuori vanno in alto per l’arrivo, su Apple Television+, della terza stagione di Sluggish horses. Due episodi disponibili da ieri, poi uno a settimana. Chi la conosce, la serie, non può evitare di ricollegarsi con la banda di reietti del servizio segreto inglese, sorta di Bastardi di Soho, tutti senza ritegno: hanno commesso errori clamorosi, sono alcolisti o patologici al gioco, sono meravigliosi. Li guida appunto il capo, un Gary Oldman (lo vedremo nel prossimo Sorrentino) che ai limiti della decadenza fisica — la sua visita dal medico è da applausi in piedi — resta un fuoriclasse dello spionaggio come dovrebbe essere, e non come effettivamente è.
‘Sluggish Horses’, Gary Oldman è ancora l’anti Bond nella serie inglese di spionaggio
Suo dovere è tenere a bada gli squinternati del gruppo (sluggish horses, appunto, ovvero ronzini) che in realtà adora ma tratta come degli appestati. Lo sono, in fondo, con l’unica eccezione della numero due, la matura Catherine: e siccome viene rapita in avvio di stagione, Jackson Lamb, il capo, diventa una furia scatenata mentre bisogna capire qualcosa nel complotto micidiale che è all’origine di questa nuova trama. Che peraltro inizia da Istanbul, con un publish amplesso multirazziale che si rivela tutt’altra cosa nonché l’origine dei guai che stanno arrivando.
La collocazione nello streaming deluxe, quello di Apple Television+, toglie qualunque estro, ovvero tentazione malsana, di mainstream all’intera operazione: e infatti Sluggish horses prende un premio dopo l’altro, tutti dicono che è la migliore spy story in circolazione e la quarta stagione è già in lavorazione. Dicono pure, lo cube Oldman, che sarà anche l’ultima, ma è meglio che non ci provino nemmeno.
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Avanti popolo sta portando avanti le ultime puntate previste. La novità è che in studio è sparito il pubblico, ovvero il popolo, e questo ha l’aria di essere metafora di qualcosa.