Matteo Paolillo: “Il segreto di ‘Mare Fuori’ è la capacità di creare empatia. Devo tutto alla libertà che mi hanno dato i miei genitori”

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È Matteo Paolillo il terzo ospite della nuova stagione de La conferenza stampa, il programma di RaiPlay a firma di Giovanni Benincasa che propone l’incontro di un parterre di ragazzi dai 14 ai 20 anni con grandi personaggi dello spettacolo, dello sport e della politica. Attore, cantante e, per tutti, Edoardo Conte di Mare fuori, Paolillo si è così concesso a un’insolita conferenza stampa “sulla vita” in genere con domande semplici, inaspettate e, a tratti, bizzarre. A cominciare proprio della serie che l’ha catapultato nell’Olimpo delle celebrità: “Una motivazione per guardare Mare fuori? Penso sia una serie con cui chiunque può empatizzare, grandi e piccoli, ed è una cosa in cui rivedendoti magari può dare qualcosa, ti può far crescere”.

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Un successo strepitoso quello di Mare fuori, che Paolillo ha confessato essere giunto all’improvviso: “Non ne avevo thought. Ero sicuramente contento di poter lavorare a un personaggio così approfondito, period la prima volta che facevo una serie con un ruolo così da protagonista, quindi ero contento per quello, di cominciare a lavorare. Poi, a poco a poco, le cose sono andate sempre meglio, però non me l’aspettavo”. E le cose sono andate talmente bene che l’attore ventottenne è diventato a tutti gli effetti un vero e proprio idolo: “Diciamo che sicuramente è più facile conoscere tante persone e, di conseguenza, tante ragazze. Fa piacere, visto che sono etero, però dall’altro lato è più difficile trovare delle persone che ti vogliono veramente per quello che sei e non solo per quello che rappresenti” – le sue parole – “Quindi da un lato c’è più quantità, in qualche modo, ci sono più persone che ti si avvicinano, dall’altro è sempre più difficile trovare in mezzo a queste persone chi vuole sapere veramente chi sei e non gli interessa tutto quello che appare. È molto più bello quando conosci una persona e lei ha tutto da scoprire di te, non ti conosce per niente e quindi ci si conosce insieme”.

“L’incontro più strano con un fan? Ce ne sono stati svariati, a volte sono situazioni anche imbarazzanti” ha poi continuato, “Tipo una volta stavo all’autogrill al vespasiano e mi hanno chiesto una foto. Da allora non vado più al vespasiano ma cerco sempre bagni aperti”. Ma, sebbene debba molto al personaggio di Edoardo, Paolillo ci tiene a specificare come i loro punti in comune non siano proprio molti: “Cos’ho in comune con Edoardo? Poche cose, forse la poesia, la creatività e, sotto certi versi, l’impulsività. Però siamo molto diversi. Ho approfondito tanto il personaggio, è stato stimolante, mi ha fatto scoprire un sacco di cose del mondo, degli altri, di me stesso. Poi ogni anno l’ho ritrovato, siamo cresciuti insieme. Come mi sono preparato al ruolo? Con Giacomo Giorgio (Ciro Ricci) siamo andati in giro per Napoli a prendere ispirazione. Cercare l’ispirazione nei giri mafiosi è però una cosa secondo me molto scontata: l’ispirazione non per forza ti viene da qualcosa nella direzione in cui stai cercando, magari sei per strada a Posillipo, vedi camminare qualcuno e ti dà ispirazione per quello che ti serve”.

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Una passione, quella della recitazione, che è riuscito a trasformare in lavoro a tempo pieno: “I tuoi genitori vorranno sempre la tua felicità e quindi magari se vogliono qualcosa per te è perché si aspettano che quella cosa ti renda felice. Ed è per questo che ovviamente anche i miei genitori sono rimasti un po’ spiazzati quando ho scelto una vita così precaria, tra virgolette” – ha confessato – “Io sono stato fortunato, ho sempre avuto un sostegno nelle mie scelte, mi hanno sempre lasciato abbastanza libero. E alla high quality, anche se mio padre period un po’ più preoccupato, mia madre diceva ‘Alla high quality qualsiasi lavoro è precario, ormai, quindi fai quello che vuoi’. L’importante è quello che ti rende felice”. Un mestiere, quello di attore, a cui Paolillo ha affiancato anche quello di cantante, come dimostrato nella sigla stessa della serie, da lui cantata: “Io ho studiato recitazione, al liceo facevo freestyle, ho scritto musica per interest. Poi, quando è arrivato Mare fuori, avevo scritto questa canzone, è piaciuta a tutti e hanno deciso di usarla come sigla e mi fa piacere vedere che poi sia piaciuta anche a tante altre persone. Quindi adesso faccio entrambe le cose. Però nella mia vita mi vedevo come attore”.

Musica (in particolare quella napoletana) che, a detta sua, ha contribuito advert accrescere l’interesse per il Sud: “Penso che negli ultimi anni si stia creando sempre più fascino verso Napoli, verso il Sud. La mia sensazione è un po’ come se si stiano quasi distruggendo queste differenze che prima venivano fatte tra Nord e Sud, un po’ perché tutti quelli del Sud vanno al Nord o quelli del Nord vanno al Sud in vacanza, una serie di mescolanze che forse fa vedere tutto con più fascino. In particolare la musica napoletana ha delle sonorità e magari ci racconta un mondo che è molto rappresentativo, specialmente dall’estero, di quello che è il mondo italiano”. E alla fatidica domanda se Ciro sia effettivamente morto o meno ha risposto: “C’è questa cosa che va avanti da anni, però ogni anno si vede sempre che sta nei flashback e che non torna mai. Quindi un po’ la risposta è quella”.

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