‘Il commissario Montalbano’, il ritorno di un classico che sbaraglierà tutti

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Se non ci fosse da piangere – siamo in piena stagione e ricorrere alle repliche, diciamo le cose come stanno, è abbastanza vergognoso – il ritorno del Commissario Montalbano potrebbe essere salutato con un brindisi. Sempre bello ritrovare una serie ben girata, ben interpretata, invece di giochi insulsi e discuss present per mancanza di show, senza capo né coda. Montalbano è un classico, ci sono episodi che sappiamo a memoria e ci fanno restare incollati alla television; è la magia del mondo creato da Andrea Camilleri, mai abbastanza rimpianto. Rai 1 per riacchiappare il pubblico in fuga e contrastare la concorrenza di Canale 5, punta su due episodi – che segnarono file di ascolto: l’8 novembre Salvo amato, Livia mia, (prima visione nel 2020, quasi 9 milioni e mezzo di spettatori col 39% di share) e mercoledì 15, l’ultimo della serie, Il metodo Catalanotti, trasmesso in prima visione nel marzo 2021 (oltre 9 milioni col 38.4% di share).

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Il commissario più amato dal pubblico fa saltare il banco dell’Auditel, doveva essere la contromossa strategica della Rai per arginare Io canto era, present tremendous pop condotto da Gerry Scotti, previsto l’8 novembre, spostato da Canale 5 al 16. Poco importa. Il ritorno di Luca Zingaretti, a viale Mazzini lo sanno bene, è gradito dal pubblico. Il mondo parallelo camilleriano è rassicurante: un commissario con un gran senso di giustizia, in fondo anarchico – allergico alla gerarchia, ai burocrati e al potere in generale – combatte la mafia, il malaffare e aiuta gli ultimi. Tutto più facile con la squadra di fedelissimi formata da Peppino Mazzotta (Fazio), Cesare Bocci (Mimì Augello), Davide Lo Verde (Galluzzo) e l’ineffabile Angelo Russo (Catarella).

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Due storie molto various, quelle che vanno in onda. La prima, Salvo amato, Livia mia, racconta l’indagine sulla morte di una ragazza, Agata, amica di Livia (Sonia Bergamasco), storica fidanzata del commissario; la seconda, Il metodo Catalanotti, è un gioco del teatro nel teatro, con il fondatore di una compagnia amatoriale, Catalanotti, che viene ucciso. Due storie accomunate dalla doppia regia, perché Alberto Sironi si ammala e muore il 5 agosto 2019. Il set non si ferma, è Luca Zingaretti a dirigere, ma gli episodi sono cofirmati insieme al cineasta lombardo che dal 1999 (con lo scenografo Luciano Ricceri, ‘inventore’ per lo schermo del mondo di Camilleri) ha dato vita ai romanzi. “In questa regia di mio c’è solo una melanconia dolce o una melanconica dolcezza” spiegò l’attore. “Subentrando a Sironi ho pensato essenzialmente al suo stile e non c’è giornata in cui non abbia riflettuto su cosa avrebbero detto lui o Camilleri”.

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Prodotta da Palomar con RaiFiction, la serie, con oltre un miliardo di spettatori calcolando le repliche, ha il dono di non invecchiare; le strade Vigata, quelle piazze che sembrano scene teatrali, sono senza tempo. Pronti a scommettere che l’8 novembre il commissario metterà ko Miranda Priestley, la temibile direttrice interpretata da Meryl Streep in un altro movie cult, Il diavolo veste Prada, trasmesso da Canale 5. Vigata batterà Manhattan.

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