‘Giulio Cesare’ con i controtenori: gli eredi di Farinelli sono le nuove rockstar

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Dilaga la fortuna delle “baroque star”: ben tre (più una di rincalzo) nel Giulio Cesare in Egitto di Georg Friedrich Händel, all’Opera di Roma da domani al 21. L’appellativo spetta ai controtenori, nuovi divi del canto operistico. Due italiani, Raffaele Pe e Carlo Vistoli, il 28enne statunitense Aryeh Nussbaum Cohen (più il francese Rémy Brès-Feuillet) sono voci di richiamo dell’opera, forse la più nota di Händel, che ha solleticato musicisti e registi facendo conoscere al di fuori del giro degli appassionati le meraviglie del melodramma barocco, sensuale e vertiginoso come l’omonimo in architettura.

La produzione di Damiano Michieletto sulle scene geometriche di Paolo Fantin e i costumi eccentrici di Agostino Cavalca, in parte calati nella contemporaneità (l’opera barocca è “politica” e nel nostro tempo) è frutto di una coproduzione internazionale nata nel 2022 al Théâtre des Champs-Elysées di Parigi con un’accoglienza critica controversa ma netto apprezzamento del pubblico. Michieletto definisce il protagonista «un uomo solo, un po’ goffo, il dramma si svolge attorno a Giulio Cesare, alle sue spalle».

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Lo spettacolo indaga la componente psicologica e la deriva fatale della vicenda, richiamata in scena dal trio di Parche/Norne che inviluppano i personaggi con simbolici fili rossi. A interpretare il testo, il direttore, clavicembalista, organista e fortepianista Rinaldo Alessandrini, alla guida dell’orchestra dell’Opera di Roma, immaginiamo “carrozzata” filologicamente con strumenti antichi e tecniche strumentali consone all’epoca: la prima di Giulio Cesare fu il 20 febbraio del 1724 al King’s Theatre di Londra.

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Il regista Damiano Michieletto

 

La distribuzione vocale conta il soprano Mary Bevan (Cleopatra), il contralto Sara Mingardo (Cornelia), i baritoni Rocco Cavalluzzi (Achilla) e Patrizio La Placa (Curio) e un quarto controtenore, Angelo Giordano (Nireno). Contesi nel Settecento da corti e teatri europei, i castrati storici come Farinelli, Senesino (protagonista della prima londinese dell’opera), Carestini e Caffarelli, divi non meno venerati e rimunerati delle rockstar di oggi, fondarono il mito. Incarnazione moderna e meno barbara degli “evirati cantori”, i controtenori l’hanno ricreato. Tre dei migliori al mondo sono in locandina in ruoli dominanti: Giulio Cesare (Pe), Tolomeo (Vistoli) e Sesto (Cohen). Nella lirica di oggi, queste voci androgine rinforzate dalla tecnica e impreziosite da studio e gusto stanno erodendo terreno mediatico a tenori e soprani, che sfidano sul campo. Il 20 ottobre saranno le star del concerto I tre controtenori: gara di virtuosismi vocali con arie e duetti di vertiginosa procacità sensuale. A 33 anni dal debutto dei Tre tenori a Caracalla, l’esibizione suona un dichiarato passaggio di testimone.

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