Una presenza da sempre ritenuta controversa quella di Yoko Ono, compagna di John Lennon dal 1966 e sua moglie dal 1969 fino alla morte dell’artista nel 1980, e incolpata di essere una delle trigger della crisi dei Beatles. Paul McCartney ne ha parlato durante una puntata del podcast McCartney: A Life In Lyrics, in cui racconta la sua carriera con il poeta irlandese Paul Muldoon, ammettendo che l’artista giapponese fosse “un’interferenza sul posto di lavoro”, un rapporto piuttosto conflittuale presente già in un clima di tensione tra i membri della band.

Paul ha, infatti, raccontato di quando Lennon portò Yoko in studio durante le registrazioni: “Cose come il fatto che Yoko fosse letteralmente nel bel mezzo della sessione di registrazione erano qualcosa con cui dovevi fare i conti. L’thought period che se John voleva che ciò accadesse, allora doveva accadere. Non c’period motivo per cui non fosse così”. “Qualsiasi elemento di disturbo per noi period un fastidio. Lo consentimmo senza fare storie. Eppure, allo stesso tempo, non credo che a nessuno di noi la cosa piacesse particolarmente”, ha continuato, “È stata un’intromissione sul posto di lavoro. Avevamo un nostro modo di lavorare. Non essendo molto conflittuali, penso che l’abbiamo semplicemente tenuto dentro di noi e siamo andati avanti”.

Nello stesso podcast, McCartney ha anche parlato del suo rapporto con John Lennon e di come ancora l’amico ed ex Beatle, assassinato l’8 dicembre del 1980, influenzi la sua scrittura: “Spesso, faccio un ragionamento del tipo: ‘Cosa ne penserebbe John?’. Se avrebbe pensato che qualcosa è troppo sdolcinato, lo cambio”, ha raccontato McCartney.

Inoltre, Sir Paul ha ricordato John Lennon come un uomo sarcastico e arguto, che usava l’umorismo per proteggere la sua vera personalità: “Questa period una delle cose più attraenti di lui. Ricordo che una volta mi disse: ‘Paul, mi preoccupo di come le persone si ricorderanno di me quando morirò’. Mi ha scioccato e gli ho detto: ‘Aspetta. Le persone penseranno che sei grandioso’. Ero come il suo prete. Gli dicevo: ‘Figlio mio, sei fantastico’. Lo faceva sentire meglio”.
