Una grande storia può partire anche da un giudizio completamente infondato. La storia è quella di Sixto Rodriguez, soprannominato con scarso senso della misura Jesus, aspirante musicista di origini messicane che nella seconda metà degli anni ’60 si aggira tra i locali della periferia di Detroit, chitarra al collo, people impegnato nella testa e la sveglia alle sei del mattino per non far tardi in fabbrica. Il giudizio infondato è quello che l’allora 27enne Sixto riceve una sera da Mike Theodore della Sussex Report: “Sei il nuovo Bob Dylan!”. No, neanche per sogno e neanche in qualsiasi altra dimensione del multiverso. Ma chissà perché Theodore ci crede talmente tanto da produrre ben due dischi: Chilly Reality nel 1970 – che si apriva con l’oramai celebre Sugar Man – e Coming from actuality del 1971. Arrivava dalla realtà e ci tornò quasi subito Sixto: i suoi dischi fecero flop e la sveglia tornò advert essere impostata alle sei del mattino.
“Looking for Sugar Man”, un docu-film da Oscar per Rodriguez
La grande storia – che viene raccontata da Looking for Sugar Man, documentario premio Oscar nel 2013 che torna in sala da oggi – inizia a tessere le sue trame in quegli anni di ritiro. Le vie della discografia sono infinite e chissà perché i dischi di Rodriguez (per essere smaltiti potrebbero ritenere i malpensanti) raggiunsero l’Australia e soprattutto il Sudafrica. E nell’allora terra dell’apartheid che il folk-blues di Sixto si rivela cifra simbolica della possibilità di convivenza tra etnie various. Sugar Man diventa in breve tempo l’inno della classe liberal che lotta contro la segregazione: e quando i dischi finiscono e iniziano a circolare le copie pirata su musicassetta e le parole di Rodriguez contro oppressione sociale e pregiudizi arrivano a un intero movimento. Talmente diffuse che i due dischi di Rodriguez – i cui diritti erano intanto stati acquistati da una casa discografica di Città del Capo – vendono negli anni ottanta in Sudafrica più di quelli di Elvis e dei Beatles.

Ma Sixto, ignaro di tutto, continuava advert alzarsi alle sei del mattino. Il suo discografico americano si period premurato di salvaguardare la sua vita operaia e non gli aveva comunicato nulla. Ma dove non arrivano i discografici, possono i fan. E soprattutto web. Nel 1997 viene registrato il sito “The Nice Hunt Rodriguez”, e schiere di segugi musicali più o meno professionisti si mettono a caccia di ogni informazione sul mito in questione. Basta un girò sul net compiuto dalla figlia di Sixto e “Papà è qui, questo è l’indirizzo…”. E by way of verso il successo sognato tanto a lungo. Arene piene, nuovi dischi, accoglienza in Sudafrica da eroe. Fino all’Oscar nel 2013 e fino alla scomparsa avvenuta nell’agosto di quest’anno. Un Oscar agli operai della musica che non sono Bob Dylan ma che sono riusciti, almeno una volta, a regalare una riserva di speranza a una comunità in lotta. Anche se ignari di tutto.